di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9) - III Domenica di Quaresima
In quel tempo si presentarono alcuni a
riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto
scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse
loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per
aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti
allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di
Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di
Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo
stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva
piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non
ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare
frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare
il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno,
finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti
per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
COMMENTO
Un ammonimento ma anche l’annuncio della
pazienza e benevolenza del nostro Signore, il Cristo, che come il vignaiolo
della parabola è venuto a concederci un tempo di Grazia ( ricorderete il discorso inaugurale nella sinagoga di
Nazareth ) in forza della quale poter vivere e donare i frutti di bontà persi
lungo una storia umana naufragata nel mare del male e nella durezza del cuore; un anno simbolico
che significa anche un tempo non infinito e che quindi ci sollecita alla
vigilanza e alla conversione.
Il nostro divino vignaiolo non è venuto certo per
condannare o per imporre pesanti leggi da osservare, ma solo il dolce peso della legge dell’amore scambievole,
di un amore che Lui per primo ha annunciato e vissuto fino al sacrificio di sé,
dissodando e concimando le nostre coscienza assopite. L’esistenza della morte fisica, e della
violenza umana è sotto gli occhi di tutti, e anzi per molti è come uno scandalo
che impedirebbe di credere alla bontà di Dio. La croce di Gesù è ben più di una
bacchetta magica. Chi l’abbraccia con fede ottiene il cambiamento del cuore e
dello sguardo sulla realtà, e tutto diventa un’occasione e una possibilità di
essere dono d’amore per gli altri. La
morte fisica, corporale non è dunque un male assoluto, e irreversibile, ma se
non volgiamo lo sguardo all’amore crocifisso e risorto di Gesù Signore per
lasciarci guarire, la morte che ne seguirebbe sarebbe ben peggiore e,
soprattutto definitiva.
Nel mezzo di tanto dolore che appesantisce la
storia del mondo e le nostre storie personali,
abbiamo sicura speranza di trovare nel Signore Gesù uno squarcio di luce
che apre su un mondo rinnovato, redento pacifico.
Nessun commento:
Posta un commento
Lasciate un commento