di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Luca (2,22.39-40)
Quando
furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di
Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per
presentarlo al Signore. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la
legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il
bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su
di lui.
COMMENTO
Domenica dopo Natale, Domenica della Santa
Famiglia di Nazareth. Ambiente quotidiano della crescita e maturazione di Gesù
Signore è una comunione umana di un uomo, Giuseppe, e la sua sposa, Maria. “Il
bambino cresceva e si fortificava”. In queste poche parole sembra esserci tutto
il mistero della vera umanità di quel Dio che accetta di farsi piccolo, di
farsi bambino e di percorrere l’itinerario dello sviluppo umano, psicologico e
spirituale di ogni persona. Resta difficile comprendere pienamente come la
natura divina di Cristo si sia adattata al processo evolutivo di un uomo, e
tuttavia in quelle poche parole ci sono trenta anni di vita familiare
ordinaria, scandita dai tempi del lavoro e del riposo, delle gioie e delle
fatiche, del dialogo e della preghiera. Quella famiglia di Nazareth, nelle sue
modalità pratiche, forse è meno lontana da come noi ce la immaginiamo, ma così
tanto diversa rispetto alle ristrettezze dei nostri cuori che spesso, nei
legami più intimi, non sanno dare calore e tenerezza.
Uno scout della mia parrocchia, durante una
testimonianza, ha detto che per lui la famiglia “è come una canottiera di lana:
a volte irrita e provoca prurito, e tuttavia tiene caldo!” Tutto quello che
chiede impegno e rispetto degli altri sembra starci stretto e limitare
l’espressione della nostra umanità, ma proprio la fedeltà quotidiana a un patto
di affetto reciprocamente scambiato nella diversità dei ruoli, provoca apertura
all’altro, l’uscita dall’istintivo egoismo infantile. Gesù, ci viene detto, era
pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui.
Anche Gesù ha respirato la sapienza dell’umiltà, dell’obbedienza
e del rispetto dei genitori; anche Gesù, pur figlio di Dio, ha accolto la
grazia di Dio che gli era naturale ma che doveva trovare in lui-uomo, come di
fatto avvenne, la docilità e la mitezza del cuore.
Che lo stupore per la natività di Betlemme ci
conduca ad ammirare lo scenario domestico di Nazaret, e che le virtù domestiche
di quella santa famiglia ridestino in noi nuovi slanci di gratuità nelle nostre
relazioni più intime e quotidiane.
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