di CAROLINA PERFETTI
XX Domenica del TO/A - 16 agosto 2020 -
Dal Vangelo di Matteo (15,21-28)
In
quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed
ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà
di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».
Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila,
perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non
alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!».
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai
cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le
briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come
desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita
COMMENTO
Una donna cananea, che inizia a gridare. Il Vangelo di oggi inizia proprio così, con un grido: Signore, abbi pietà di me. La parola pietà deriva dal latino pietas, che significa proprio avere un sentimento di commiserazione per i mali altrui, compassione (etimo.it), ed è proprio questo quello che la donna chiede al Signore, di riconoscere i suoi mali e di averne riguardo, di comprendere il suo dolore e di salvare sua figlia. È un atto di consegna quello che questa mamma sta facendo; a Gesù affida il suo bene più grande, il dolore che sta provando, e proprio perché riconosce l’autorità di Gesù, e sa che lui solo potrà salvarla, si affida a lui. Mi colpisce molto la figura di questa madre nel Vangelo, è davvero sorprendente vedere come l’amore supera ogni cosa, come disse S. Massimiliano Kolbe, è una forza creativa.
L’amore di una madre credo che si possa descrivere proprio come in questo vangelo, creativo, dolorante e desideroso di vedere salva la propria figlia, perché la donna va da Gesù non per lei, ma per sua figlia. L’amore non ci chiede di fermarci a noi, ma ci apre all’altro, al fratello che soffre e ci chiede di soffrire insieme.
Nonostante tutto, Gesù non le rivolge la parola, sembra quasi che non abbia compreso il dolore, ma com’è possibile? Davvero Gesù, il figlio di Dio, non prova compassione per il suo popolo?
Ma la madre non si arrende, perché l’urgenza della salvezza ci chiama ad andare oltre tutto, oltre le nostre paure, oltre i rifiuti, oltre le certezze, finché la sua richiesta non provoca una risposta in Gesù, scostante, brusca, quasi indelicata.
Quante volte eravamo noi al posto della donna cananea? Quante volte abbiamo vissuto le risposte di Gesù scostanti e brusche?
Mi capita che risuoni nel mio cuore questa domanda: Mi ami tu, Gesù? Quello che lui chiese a Pietro, lo chiedo io a lui.
Quante volte dubitiamo del suo amore? E ci fermiamo al dubbio, smettiamo di lottare, non disturbiamo Gesù come la donna cananea, perché in fondo ci fermiamo alle nostre emozioni, alle nostre piccole aspettative deluse, e non riusciamo a vedere oltre.
La donna cananea, diversamente, non smette di avere fede, e continua ad implorare Gesù, arrivando a dire: eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni ( Mt 15,27). Si riconosce la fede della donna proprio da questa frase, si riconosce affamata, non ricerca cose grandi, si accontenta perché lei sa che un granello di senape può spostare le montagne.
Ed è proprio qui che Gesù riconosce la fede grande di questa donna, riconosce che ha davvero incontrato Gesù nel profondo.
Perché per incontrarlo, per incrociare i suoi occhi densi di amore che dicono: “Si, ti amo talmente tanto da morire per te”, non servono grandi esperienze, pellegrinaggi, penitenze. Serve un cuore aperto, un incessante richiesta, vera e sincera, proprio come la donna.
Gesù ci può salvare, solo se noi glielo permettiamo.
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