IV Domenica del TO anno B – 31 gennaio 20
TESTO (Mc 1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
COMMENTO a cura di Elisabetta Corsi da Fermo, redazione on line www.legraindeble.it
Come uno che ha autorità
La quarta domenica del tempo ordinario ci mostra Gesù nel suo essere Maestro. Ἦν γὰρ διδάσκων αὐτοὺς ὡς ἐξουσίαν ἔχων (én gàr didàskon autoùs os exousìan échon). La frase si traduce letteralmente come segue: “Era, infatti, nell’insegnare a loro, come uno che ha autorità”. Il Maestro, scrive Marco, possiede ἐξουσίαν, “autorità”. Ma cosa significa nel profondo questa parola? Il sostantivo proviene dal verbo greco ἔξεστι (èxesti), letteralmente traducibile con “è possibile/permesso”. Ma se interrogassimo più profondamente il lemma, scindendolo nelle sue parti fondamentali, capiremmo ciò che si nasconde e che intarsia preziosamente l’essenza del Maestro secondo le parole del vangelo.
Assieme al Padre e al suo Amore
Il verbo impersonale ἔξεστι è formato dalla preposizione ἔξ- e dal verbo -ειμι, “essere”. La preposizione iniziale viene utilizzata per indicare il ‘moto da luogo’, il punto d’origine da cui la sostanza promana la sua essenza. L’autorità di Gesù si incarna nel suo essere, ma proviene direttamente da Dio, perché Gesù è Dio e nel suo essere Dio profila l’autorevolezza dell’insegnamento. Unto dello Spirito, unico Ente assieme al Padre e al Suo Amore, Gesù insegna la vita e ci ripete ogni volta, con dolcissima forza, che senza di Lui non c’è vita.
Stretta fra le mie braccia
E quella vita che in un sospiro del suo eterno Spirito donava (e dona) la sua Parola muove un sussulto, colpisce profondamente chi ascolta, genera una scossa, una frattura insanabile, primo imprescindibile momento della conversione. Scrive, infatti, Marco: καὶ ἐξεπλήσσοντο ἐπὶ τῇ διδαχῇ αὐτοῦ (kaì exepléssonto epì tè didachè autoù), “e rimasero stupiti per il suo insegnamento”. Il cuore degli ascoltatori di un tempo, in un solo movimento assieme al nostro, riconosce Gesù perché sa che Lui è il suo primo eterno amore. L’anima creata non può non riconoscersi figlia di tale amore, perché se rifiuta la chiamata alla vita, potrà tener stretta fra le sue braccia soltanto la morte.
Dialogo fra la Vita e la morte
E, dunque, subito ha luogo il dialogo fra la Vita e la morte. Lo sguardo di Gesù si posa su un uomo letteralmente “in uno spirito impuro” che subito grida: “Cosa fra noi e Te, Gesù di Nazaret? Vai e lasciaci. Io so chi sei: il santo di Dio”. Lo spirito impuro riconosce la Purezza, lo spirito infernale riconosce lo Spirito di Paradiso. La morte riconosce la Vita e la vita comincia a profilarsi nello spirito dell’uomo che in sé aveva la morte. Così la morte viene imbavagliata, imprigionata, ammutolita di fronte alla viva presenza del Verbo, del Pensiero, dell’Amore che ci ha creati soltanto perché solo a Lui tornassimo a riabbracciare l’eternità della vita.
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