di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Matteo (13,1-23) - XV° domenica del tempo ordinario
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare.
Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si
mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il
seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la
strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul
terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il
terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non
avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e
la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto:
il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
COMMENTO
In teologia ci insegnarono che le parabole raccontate da Gesù sono dei piccoli
capolavori letterari, dove la semplicità si coniuga alla profondità,
l’immediatezza alla densità di riflessioni possibili. Ciò che accomuna le
parabole di Gesù è che quasi sempre il messaggio che l’autore vuole far passare
è contenuto proprio in uno o più elementi apparentemente strani. In questo caso
ad esempio abbiamo la storia di un seminatore sprecone che rientra bene nello
stile delle parabole di Gesù.
L’elemento che suscita stupore è appunto la
prodigalità con cui questo contadino getta i suoi semi: come è possibile che
questi non abbia dato uno sguardo a dove stava gettando le sue sementi?
Certamente un contadino che deve seminare un campo non può far caso a dove cade
ciascun seme, ma ci sarebbe da chiedersi se non abbia prima fatto attenzione a
dove stava sparpagliando la sua ricchezza: se nel terreno ci sono un po’ di
sassi da una parte, da un’altra le spine e pure delle strade che lo
attraversano, ma vale la pena di seminare un campo simile? Addirittura fa
cadere del seme anche lungo la strada, luogo di transito, in cui è praticamente
impossibile che germogli qualcosa, e dove gli uccelli verranno subito a
mangiare quel seme. Una risposta possibile è che questo seminatore
è tanto sicuro della resa del seme caduto sulla terra fertile da non preoccuparsi più di tanto se tanta parte se ne
perde; la resa di pochi semi lo ricompenseranno abbondantemente del fallimento
degli altri.
A noi, cosa vuol dire Gesù? Senz’altro che la potenza della sua Parola, delle
sue promesse, della sua Grazia non è da mettere in discussione; come è detto
nella prima lettura tratta dal profeta Isaia, la Parola di Dio non può non fare
effetto e se fallimento c’è, esso viene piuttosto dalla mancata accoglienza e dalla
poca disposizione. Se pensiamo alla storia del nostro paese o della nostra Europa, vediamo tante
spine, un terreno che fa’ crescere e germogliare il seme ma dove le
preoccupazioni del mondo sono così aggressive che spesso questa crescita è
soffocata e vanificata.
Vediamo però anche il terreno buono che ha reso il
trenta, il sessanta e a volte anche il cento per uno. Guardiamo un attimo
quanti santi sono germogliati nelle nostre comunità cristiane. Basterebbe
prendere un qualsiasi giorno dell’anno, guardare il calendario e accorgersi che
possiamo ricordarne svariati ogni giorno; molti di più tuttavia sono i santi
sconosciuti alle masse, che sono stati fecondati dalla Grazia del Signore e che
hanno saputo far fruttare in abbondanza la Parola ricevuta. Le dure parole di Gesù sulla sordità di chi non
vuole mettersi in ricerca in realtà devono essere per noi di consolazione,
poiché ci viene annunciata la potenziale fecondità di ogni cuore che con buona
volontà si interroga e si lascia provocare da ogni seme di verità caduto sul
suo cammino.
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