Dal Vangelo secondo Matteo (5,13-16) - V domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
COMMENTO
Gesù parla ancora
all’indicativo, come per descrivere una realtà di fatto: i discepoli sono sale,
sono luce. Ma perché quei discepoli, e anche noi a cui Gesù sta rivolgendo
questa parola (ammesso che desideriamo essere di Cristo), così fragili e
limitati e tiepidi nel cuore, siamo definiti da Gesù luce del mondo e sale
della terra?
Gesù non dice forse … “Io sono la luce del mondo; chi segue
me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8,12). ? Se
Gesù è la luce come può dirlo anche di noi? La risposta più semplice è che noi
siamo sale perché riceviamo da Lui il nostro sapore; noi siamo luce perché
riceviamo da Lui la nostra luminosità. C’è chi brilla di luce propria e chi di
luce riflessa. Noi possiamo solo riflettere sul nostro volto, la bellezza del
volto di Cristo. Come di Giovanni Battista si deve poter dire di noi: “non era lui la luce ma doveva dare
testimonianza alla luce” (Gv 1,8). Quale è il merito per diventare sale e
luce? Direi il semplice fatto di stare in ascolto, di permanere in relazione
con il Signore, con la sua presenza. Per la stessa ragione i poveri in spirito
sono felici: perché accogliendo Gesù nella loro vita e non investendo su altre
ricchezze, hanno trovato la ricchezza più grande, un amore che vince ogni
paura, dolore, morte, angoscia e odio; hanno trovato in Cristo e grazie a Lui
il Regno di Dio. Per la stessa ragione quelli che sono in lacrime sono felici,
perché in Cristo hanno trovato chi piange con loro e chi (l’unico al mondo) è
capace di trasformare già da ora in parte (e in pienezza poi) quelle lacrime in
gioia, perché il suo amore regna su tutto, anche sul dolore; hanno trovato il
Regno di Dio. Il Regno di Dio, la luce del mondo, il sale della terra è Cristo
Gesù. A chi gli domandava quando sarebbe venuto il regno di Dio Gesù rispose:
“… nessuno dirà "Eccolo qui", o
"eccolo là"; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc
17,21).
È un problema di relazione con la fonte. Il
sale si scioglie, dà sapore senza vedersi, è il condimento meno visibile ma la
cui mancanza si nota subito. Pensate solo ad un piatto di pasta quando ci si è
scordati di buttare il sale nell’acqua! E poi il sale conserva. Il sale era
così importante nell’antichità per conservare gli alimenti che i soldati romani
venivano pagati col sale (da qui il termine “salario” come sinonimo di
stipendio). Il sapore che Gesù dà alla nostra vita non solo è penetrante, non
solo è co-essenziale al sapore dei cibi, ma addirittura conserva: tante cose,
tanti traguardi umani possono motivare e stimolare la mia vita, ma ciò che il
Signore mi comunica con la sua presenza e che mi permette di essere, è un sapore
che si conserva e che conserva il suo gusto nel tempo. “Ma se il sale perdesse
il suo sapore a cosa servirebbe?”. Detto altrimenti: “Ma se noi che siamo
creati per amore di Dio, che siamo creati per accogliere la gioia dell’amore di
Dio, poi perdiamo il contatto con l’amore, con il Cristo che ci rivela e
incarna l’amore di Dio… a cosa serviamo? …” Non ci dovremmo stupire se perdendo
il gusto della fede, molti perdono anche il gusto della vita.
La luce irradia, sempre. Quando il buio è
intenso basta una piccola luce per avere quel minimo di visibilità per non
inciampare. La luce è sinonimo di vita, di calore, di gioia. Ma anche qui c’è
il rischio di spegnere l’interruttore. Quel meccanismo che noi abbiamo
dappertutto nelle nostre case si chiama proprio così: “interruttore”. La
corrente elettrica viene orami in tutte le nostre case ma noi abbiamo
all’ingresso della casa un interruttore generale e tanti piccoli interruttori.
Abbiamo la possibilità di non far arrivare la luce. Ma noi vogliamo rimanere
nella luce di Cristo, ne sono certo. Per questo dobbiamo non interrompere la
comunione con Cristo e con i fratelli. Nelle nostre comunità religiose e
parrocchiali: quante competizioni! quante piccole invidie! manie di
protagonismo! Risentimenti per un piccolo cambio di incarico! Come sono fragili
i nostri fili di corrente elettrica! Quanti interruttori frapponiamo!
Accogliamo invece il monito che ci giunge dalle
parole di San Giovanni: Questo
è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: Dio è luce, e in
lui non ci sono tenebre. 6 Se diciamo che abbiamo
comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in
pratica la verità. 7 Ma se camminiamo nella luce,
com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di
Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. (1 Gv 1,5-7 ).
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