Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32) - XXVI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli
anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al
primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non
ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo
stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto
la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi
passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della
giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli
hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete
nemmeno pentiti così da credergli».
COMMENTO
Il
libro dei Proverbi ammonisce “Chi ricerca la giustizia e l’amore troverà vita e
gloria”. (Pr 21,21) Gesù era capace di leggere nel cuore delle persone e forse
nella coscienza di prostitute e ladri legalizzati (che erano i pubblicani) aveva
notato un profondo desiderio di Bontà, un sincero desiderio di Dio, confermato
dal fatto che alcuni di questi avevano creduto alla predicazione di Giovanni
Battista. Nelle parole di Giovanni questi pubblici peccatori avevano trovato
certamente una risposta alla loro insoddisfazione, alla loro insofferenza per
una vita che, lontana dal Bene, non può dare gioia al cuore. In quello stesso
desiderio profondo della coscienza umana per le cose vere, buone e belle, c’è
già l’appello, la chiamata di Dio, di Cristo Salvatore.
Proprio
ciò che manca ai cosiddetti giusti interlocutori di Gesù, a quelli che si
fermano ad un’osservanza formale, ad un “Si” detto solo con la superficie del
cuore, pensando che sia sufficiente frequentare il tempio di Gerusalemme, ma
che trascurano di accogliere nel tempio del proprio cuore e della propria vita,
la luce dell’amore di Dio. I capi dei sacerdoti e gli anziani a cui Gesù sta
parlando non sono certamente persone cattive, anzi proprio perché non
biasimabili per evidenti immoralità, sono tentati nell’orgoglio di una
“giustizia fai da te” che non diventa giustizia del cuore, tenerezza di
relazioni fraterne e ascolto profondo della Parola di Dio.
Troppo
spesso anche nel cuore dei cristiani, specie se già inseriti in qualche realtà
ecclesiale, si fa strada la supponenza di essere già posto, di essere nel
numero di chi fa già qualcosa di buono per il Regno di Dio. Nel cuore del
credente a volte si spengono le domande. In
un testo liturgico invece siamo invitati a pregare proprio così: “A quanti cercano la verità, concedi la gioia
di trovarla, - e il desiderio di cercarla ancora, dopo averla trovata” (dalle intercessioni Vespri lunedì III
settimana Salterio)
Bella
la testimonianza di P. Tiboni, missionario comboniano per tanti anni in Africa:
“I miei amici africani dicono: «Una risposta senza domanda è un non senso». Se
manca la domanda, il desiderio di infinito, la scoperta della propria umanità,
allora anche Gesù Cristo resta come una risposta a una domanda che non esiste.
Noi dicevamo: «La risposta è Cristo», ma per capirla ci deve essere la domanda”.
Non sentiamoci mai a posto. Chi accoglie la parola del Signore è sempre in
cammino.
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