Dal Vangelo
secondo Giovanni (15,1-8) – V domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
COMMENTO
Una buona sintesi del Vangelo di questa
Domenica potrebbe essere un’altra affermazione di Gesù. “Chi vorrà salvare la
propria vita la perderà, chi la perderà per me, la salverà” (Lc 9,24). Nella metafora della vite, dei tralci e
del vignaiolo non ci sono terze possibilità tra la decisione di essere tralcio
secco che non porta frutto, e quindi essere gettato via, e la decisione di essere
tralcio vivo che porta frutto e che viene potato perché porti più frutto.
Proprio come avviene nella realtà
dell’albero della vite, ove i tralci secchi sono tagliati via dal piccolo
tronco, e i tralci buoni vengono potati perché siano ancora più produttivi. Il portare frutto in Cristo è legato
necessariamente all’accettazione della potatura, della purificazione, di una
sempre maggiore conformazione cioè alla vita di Gesù, che da ricco che era si è
fatto povero per noi.
Tutti noi siamo stati già purificati
dall’ascolto della parola di Gesù ma c’è una purificazione che continua perché
la parola di Gesù non è semplicemente un annuncio di una notizia, ma l’annuncio
di una notizia che accade nell’oggi di ogni uomo, di ognuno di noi e che chiede
un’accoglienza globale, completa, che chiede una risposta di amore fino al
dono, non di qualche cosa, ma della nostra stessa vita.
Nel corpo di Gesù, in questa vite
sovrabbondantemente fruttuosa, ci si può stare solo se si accetta di essere
attraversati dalla stessa linfa che ha animato il cuore di Cristo Signore: dare
la vita per gli altri, nelle inevitabili delusioni e sofferenze e
incomprensioni, ben note a chi ama con tutto se stesso.
La vite appena potata sembra proprio un
corpo in croce con due braccia allargate, tutti contorti come per abbracciare
più cose possibili, e per arrivare più lontano possibile. Il nostro padre celeste, divino
vignaiuolo, ha piantato nel cuore del nostro mondo, un nuovo albero, l’albero
della croce di Cristo, un albero che porta frutti di vita eterna, un albero che
rivela e mette in circolo ciò di cui tutti abbiamo maggiore bisogno: la
tenerezza, la compassione, la comprensione, in breve la Carità. Su quell’albero si porta frutto e ci si
può continuare a stare solo vivendo della stessa linfa di amore che dal cuore
del Padre si diffuse nell’umanità di Cristo.
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