di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Marco (7, 31-37 ) - XXIII Domenica del Tempo Ordinario
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di
Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio
della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in
disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva
gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli
disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si
sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo
proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire
i sordi e fa parlare i muti!».
COMMENTO
Il legame tra le due
disabilità fisiche si ripresenta quasi sempre anche sul piano della vita
spirituale, forse con ancor meno eccezioni. Se i non udenti sono per lo più
incapaci di articolare normalmente i suoni e diventano muti, così nella vita di
Grazia chi è sordo, cioè chi non è ben disposto all’ascolto e rimane chiuso
nelle sue pre-comprensioni e pregiudizi,
rimane parimenti incapace di pronunciare parole di saggezza e di verità.
Gesù, per guarire questo
sordo-muto, non può che volgersi al Cielo e impiegare la sua saliva (che nella cultura semitica simboleggia la
visibilizzazione dello spirito) ed è pure sul piano della fede che la libertà del cuore e la purezza di spirito sono
doni che vengono da Dio solo. Per questo Gesù mette in campo tutta la sua
potenza divina per operare ciò che le forze umane, l’intelligenza umana, la
scienza di questa terra non potrebbero mai ottenere: il giorno del nostro
Battesimo alla fine di tutti i riti il sacerdote proprio in nome di Gesù,
toccandoci le orecchie e le labbra, pronunciò la stessa parola, “effatà”. Gesù
nel giorno in cui ci incorpora nella sua vita e nel suo corpo spirituale ci apre realmente ad una vita nuova perché ci
rende capaci di ascoltare con la sua stessa docilità la volontà del Padre e di
parlare con la sua stessa saggezza. Egli sana la nostra esistenza, rende così
piena e vera la nostra vita da farci
dire con gioia: “ha fatto bene ogni cosa”.
Il più grande
risultato ed esito della saggezza umana è l’umiltà, il riconoscersi incompleti
e incapaci di udire e parlare autonomamente linguaggi sensati e di verità.
Quante volte i dialoghi della politica, del mondo cultura, e delle relazioni
familiari sono dialoghi tra sordi, tra persone che, direbbe Gesù, hanno occhi e
non vedono e hanno orecchi e non odono ( cfr Mc 8,18 ), perché non illuminati
dalla sua Grazia!
L’opera di Gesù nel
cuore dell’uomo è profonda, discreta e silenziosa, è il completamento di ogni
umana ricerca di conoscenza, che chiede di affidarsi ai suoi insegnamenti. E’
così che dice il salmo 118" Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti. Ho più senno degli anziani, perché osservo i tuoi precetti". (sal 118)
I dissennati invece, aggiungiamo noi, che rimanendo sordi alle parole di saggezza e di giustizia di Dio avranno praticato la disonestà e la violenza saranno di conseguenza muti di fronte alle ingiustizie di questo mondo e dei suoi malfattori, saranno conniventi, non avranno il coraggio della denuncia, e continueranno ad essere a servizio del regno delle tenebre.
I dissennati invece, aggiungiamo noi, che rimanendo sordi alle parole di saggezza e di giustizia di Dio avranno praticato la disonestà e la violenza saranno di conseguenza muti di fronte alle ingiustizie di questo mondo e dei suoi malfattori, saranno conniventi, non avranno il coraggio della denuncia, e continueranno ad essere a servizio del regno delle tenebre.
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