di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt
28, 12-16) - Ascensione del Signore
In quel
tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro
indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e
disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho
comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
COMMENTO
COMMENTO
Volendo restare ancorati al testo del
Vangelo leggiamo in esso quella necessaria premessa e promessa che rende
l’Ascensione un evento bello, pieno di gioia e denso di speranza. Matteo nella
sua narrazione infatti si ferma qualche istante prima della “dissolvenza” o
Ascensione di Gesù dopo che “Egli si mostrò ad essi
vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni
e parlando del regno di Dio”(Atti 1,3).
Gesù ha mantenuto la parola: prima della sua passione aveva promesso che dopo poco lo avrebbero rivisto, che distrutto il tempio del suo corpo in tre giorni lo avrebbe riedificato, e ancora appena risorto aveva dato appuntamento ai suoi discepoli in Galilea, tramite le donne accorse al sepolcro. Ecco perché le parole di Gesù dovettero sembrare salde come roccia, fondamento e certezza di una nuova fase della sua presenza in mezzo a noi. “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra [...] Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Addirittura l’evangelista Luca che menziona esplicitamente l’Ascensione di Gesù ci testimonia che “essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia (Lc 24,52).
Il
brano di Matteo certo ci lascia un po’ sospesi, ma d’altra parte è la giusta
conclusione della testimonianza di un
uomo che mentre scrive sta già assistendo al realizzarsi di quanto Gesù disse
in quegli ultimi frangenti: “ … sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo”. Matteo
stava già assistendo al propagarsi in mezzo a tutti i popoli della Buona
Notizia di Gesù morto e risorto per la nostra liberazione dal peccato, il
diffondersi di una Chiesa spesso perseguitata, con dei contrasti di vedute
anche al suo interno, ma proiettata verso il mondo in obbedienza al comando di
Gesù. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito santo,”. In quella chiesa così fortemente
“in uscita”, così convinta di custodire un potenziale infinito di gioia da
condividere, non doveva esserci tempo per angustiarsi più di tanto sul modo di
celebrare i riti liturgici, sul modo di concepire la presenza di Gesù nelle
specie eucaristiche, o sulle forme giuridiche con cui esprimere le relazioni
intra-ecclesiali.
Se anche oggi noi cristiani assumessimo un più deciso slancio
missionario, certo perderemmo molto meno tempo e pazienza dietro a tante
piccinerie da retro-sacrestia e i nostri consigli pastorali diventerebbero
laboratori di idee per inedite imprese pastorali. I
discepoli dovettero tornare nella Galilea delle genti per vedere Gesù risorto.
Anche noi dovremmo recuperare la voglia di andare presso le “genti lontane” per
poter godere appieno della promessa di Gesù: “ … sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo”. Ce lo ha promesso!
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