di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Marco (15, 24-32 ) - Domenica delle Palme
Poi lo
crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse
quello che ciascuno dovesse prendere. Erano
le nove del mattino quando lo crocifissero. E l'iscrizione con il motivo della condanna
diceva: Il re dei Giudei. Con
lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. I
passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che
distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso
scendendo dalla croce!». Ugualmente
anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha
salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora
dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati
crocifissi con lui lo insultavano.
COMMENTO
Gli antichi romani dicevano che la vittoria ha sempre molti padri ma la sconfitta è sempre orfana. Nell’ingresso a Gerusalemme la folla addirittura stende mantelli per terra al passaggio di Gesù inneggiando a lui come l’inviato del Signore a stabilire il Regno di Davide. Tanto plateale quell’entusiasmo quanto effimero!
Gli antichi romani dicevano che la vittoria ha sempre molti padri ma la sconfitta è sempre orfana. Nell’ingresso a Gerusalemme la folla addirittura stende mantelli per terra al passaggio di Gesù inneggiando a lui come l’inviato del Signore a stabilire il Regno di Davide. Tanto plateale quell’entusiasmo quanto effimero!
Nulla di falso in quelle acclamazioni ma la regalità di Gesù non passa per gli esiti favorevoli degli “exit poll” di una consultazione popolare o di un sondaggio di opinione. Al contrario, la regalità di Gesù si afferma nell’offerta totale della propria vita, nel dono di sé, nella coerenza al messaggio dell’amore misericordioso di Dio che giunge fino all’estremo di accettare la condanna a morte senza opporsi ma anzi invocando misericordia per gli uccisori, perché “non sanno quello che fanno”.
In questo spaccato della sua passione
vediamo Gesù abbandonato, orfano e anzi deriso per non essere capace di
sfuggire alla sua tragica condanna, come avrebbero voluto quei passanti sotto
la croce, spettatori distratti e superficiali, come lo siamo anche noi di
fronte al grande mistero della sofferenza. Al contrario questo momento è luogo di definitiva affermazione della sua
potenza, perché egli salva se stesso, e quindi anche noi, non scendendo dalla
croce ma offrendo la sua vita in sacrificio.
La sua offerta, il suo sacrificio
ci commuove e cambia le nostre domande: la vecchia e solita domanda: “perché
Dio tu permetti la sofferenza nel mondo e il dolore innocente, diventerà:
“Perché Dio hai scelto di farti vittima del male nel mondo e di essere vittima
innocente per tutti i nostri peccati? Perché questo e non un altro modo di
perdonare il peccato dell’uomo?
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