di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Giovanni (9,1-41) - IV° Domenica di Quaresima
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla
nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui
o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha
peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le
opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha
mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire.
Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il
fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di
Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci
vedeva...
COMMENTO
Primo momento della veglia pasquale,
madre di tutte le veglie, è giustamente la liturgia della luce; nella notte del
prossimo 19 aprile per tre volte l'acclamazione "Cristo luce del
mondo!" ci esorterà ad abbandonare il buio dell’ignoranza e del
peccato. Tuttavia in questa quarta Domenica di Quaresima l’episodio del cieco
nato anticipa e preannuncia il grande bagliore della luce pasquale di Cristo
risorto. Al centro della scena c’è Gesù e un uomo che mendicava il suo vivere
quotidiano e che senza nulla chiedere riceve il tocco benefico di Gesù,
cominciando a vedere per la prima volta in vita sua. Al Messia è sufficiente
fare del fango mescolando della terra con la sua saliva, spalmarlo sugli occhi
del cieco e inviarlo lavarsi nella piscina di Siloe (Inviato); tanto poco basta
perché è il fango dell’umanità decaduta nel peccato, ma
assunta dal Figlio di Dio, ad essere capace di guarire.
Eppure quel mondo pre-esisteva al cieco. Certo quel cieco
non ne aveva alcuna percezione visiva perché viveva al buio, ma un buio
soggettivo provocato dalla sua cecità, non dalla mancanza di luce. La luce di Dio ha sempre brillato nel mondo fin dalla sua
creazione, ma gli uomini hanno chiuso i loro occhi, volgendo le spalle a Dio,
peccando contro Lui, volendosi appropriare della conoscenza del bene e del male
che può appartenere solo alla sua sapienza creatrice. Così facendo non hanno
spento la luce, ma hanno spento i loro occhi, si sono tolti la possibilità di
vedere le cose per quello che sono nella verità, e da lì sono nati tutti i
problemi dell'uomo: cosmici, umani e spirituali. Da quel momento l'uomo ha
iniziato a chiamare bene ciò che Bene non è, e a chiamare male ciò che male non
è. L’umanità intera è divenuta cieca.
Ecco la Grazia di Cristo che viene a salvarci dalle
conseguenze disastrose del nostro peccato, che viene a illuminarci, o se volete
ad aprirci gli occhi. Quel cero pasquale acceso la notte di Pasqua, simbolo di
Gesù risorto, ci parla! Quel cero pasquale, acceso per ognuno noi nei due
momenti essenziali del Battesimo e delle esequie, segna l'inizio e la fine, a
testimoniare che quella luce non ci abbandona mai, che non si spegnerà mai: Ma
noi, cosa stiamo facendo di quella luce? Riconosciamo la potenza e la Grazia di
Cristo e siamo capaci di professare ad occhi aperti, come il cieco nato:
"Credo Signore" (Gv 9,38)? Oppure facciamo come i farisei che presumono
di vedere e restano nel peccato? Per loro Gesù ha delle parole durissime:
"Se voi foste ciechi, voi non avreste alcun peccato; ma voi dite: Noi
vediamo! Il vostro peccato rimane" (Gv 9,41).
Accogliamo l’invito che il Signore
rivolge alla Chiesa di Laodicea nell’Apocalisse: “Ti consiglio di comprare da
me […] collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista (Ap. 3,18).
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