Riflessione di uno "toccato" dalla Bellezza
di Paride Petrocchi
Questo è uno sfogo, lo ammetto e lo premetto. Però è uno sfogo inevitabile, non farlo sarebbe stato un tradimento nei confronti della bellezza di cui sono stato testimone, perché sinceramente "dalla bellezza non so come difendermi".
Tutto è successo
poche ore fa, stavo buttando giù l’articolo che avevo programmato: un seguito
di Insieme ma soli. Chiudo per un
attimo gli occhi, respiro a fondo per raccogliere le idee e la mia memoria mi
tradisce, invece di rimanere concentrata sul pezzo, decide di vagare e di
fermarsi ai volti, ai sorrisi, ai silenzi dei ragazzi incontrati a Loreto,
durante il ritiro di Quaresima. Vedo la loro
curiosità,
la loro timidezza, i loro gesti, sono i loro gesti ma sono i gesti di tanti
altri ragazzi; giovani tanto simili ma, allo stesso tempo, tanto diversi tra
loro. Ma il mio stupore è per i loro sorrisi, non sono semplici sorrisi, sono
sorrisi felici. Ecco la mia attenzione è tutta concentrata lì: sulla loro
felicità.
Questa felicità,
così semplice e così disarmante, mi obbliga a chiedermi: siamo davvero la
generazione invisibile? Siamo davvero quella generazione che non "chiude il
cerchio", che fa le cose a metà? La generazione
che riempie le cronache di fatti tragici, di atti vandalici? una tribù sempre
pronta a seguire il nuovo capo? una folla senza forma e senza meta? Un coacervo
di infelicità e solitudini? Siamo solo così o c'è dell'altro? Forse siamo una generazione con un
identità meno
chiara, forse con meno punti di riferimento, forse una generazione che fa
fatica a trovare il proprio spazio e la propria strada ma che vuole dare un
profondo senso alla propria vita. Premetto tutti quei "forse" perché non
sono né un sociologo né un critico della società ma
che non siamo "invisibili" me lo dice l'esuberanza di Andrea, il
sorriso di Chiara, la tenerezza di Agnese.
Si è vero,
queste piccole sfumature di vita non fanno notizia, il fatto che ci siano
quotidianamente ragazzi e ragazze che "fanno del bene" nella sue
varie accezioni non aumenta il numero delle vendite, è vero: un albero che cade
fa più rumore di una foresta che cresce. Siamo abituati, come popolo, al
sensazionale, siamo così attirati dalle notizie di cronache nera che il resto
sembra non toccarci. Raccontare solo
che siamo la generazione invisibile è come pensare che il sole non c'è, perchè è coperto dalle nuvole. Credo che siamo invisibili perché qualcuno
non vuole o non sa vederci, non riesce a cogliere la nostra bellezza o perché vuole
dare un' immagine di noi parziale, colpevolmente parziale.
Noi non possiamo e non dobbiamo arrenderci alla logica secondo la quale solo il brutto, solo il male sono degni di nota, non dobbiamo farlo solo per la nostra vita, ma soprattutto per quei giovani che ogni giorno ci passano accanto con la testa bassa, che hanno la solitudine negli occhi e la tristezza nel cuore. È nostro dovere testimoniare che c'è una bellezza che ci ha toccato, non possiamo tenere tale esperienza chiusa nel nostro cuore, perché "Ciò che doni è tuo per sempre, ciò che tieni solo per te è perduto per sempre".
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