di fra Giuseppe Bartolozzi
Nell’ultimo
incontro abbiamo considerato l’umanità di Gesù come la via
indispensabile per incontrare il Dio vivente poiché
Gesù è il Rivelatore del Padre: “Gli disse Filippo: «Signore, mostraci
il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e
tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre:
mostraci il Padre? Non credi che io sono nel
Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico non le dico da me,
ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel
Padre e il Padre è in me”(Gv 14, 8-11). Richiamando l’episodio
evangelico che abbiamo proposto all’inizio della
scuola di preghiera, cioè quello che in cui vediamo Maria seduta ai
piedi di Gesù la quale rivolge esclusivamente a lui la sua attenzione
(cf.
Lc 10, 38-42), vogliamo insistere sul fatto che il silenzio,
condizione indispensabile per la nostra preghiera, non significa
semplicemente tacere e far tacere tutto ciò che ci distrae fuori di noi e
dentro di noi: significa, soprattutto, ascoltare la
Parola di Gesù la quale è “Parola di Vita”(Fil 2, 16), “Parola di salvezza”(At 13, 26); “accoglierla”(Mc 4, 20), “custodirla”(Lc, 8, 15;
Gv 8, 51; 14, 23; 15, 20).
“Mentre i Vangeli ci offrono
innumerevoli parole di Gesù, ce ne riferiscono solo tre del Padre.
Quanto dovrebbero essere preziose per noi! Una di queste è un consiglio,
l’unico consiglio del Padre ai suoi figli. Con quale infinita,
quale filiale attenzione lo si deve ricevere e con quale sollecitudine
seguire! Questo consiglio che custodisce il segreto della santità è
semplice e si esprime in una parola: “Ascoltatelo” (Mt 17, 5),
dice il Padre indicandoci il suo Figlio prediletto.
Fare orazione, pregare, è dunque il grande atto di obbedienza al Padre;
è come Maria, sedersi ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola o,
meglio, per ascoltare Lui che ci parla. È in effetti a Lui, più ancora
che alle sue parole, che noi dobbiamo essere
attenti. Ne consegue che cominciare l’orazione partendo da una pagina
del Vangelo è molto raccomandabile. … È una grande arte saper ascoltare.
Cristo stesso ci avverte: “Fate attenzione al vostro modo di ascoltare”(Lc
8, 18).
Se noi siamo ciglio
di strada, roccia o terreno incolto, la sua Parola non potrà crescere
in noi. Si tratta di essere quella buona terra dove le sementi trovano
ciò che è necessario per sbocciare, svilupparsi, maturare. Ascoltare non
è d’altronde soltanto una questione d’intelligenza.
È tutto il nostro essere intero, intelligenza e cuore, immaginazione,
memoria e volontà che deve essere attento alla parola di Cristo, aprirsi
ad essa, cederle il posto … darle un’adesione senza riserve. … Utilizzo
la parola ascoltare preferendola a meditare.
Ha un accento più evangelico e soprattutto designa non un’attività
solitaria ma un incontro, uno scambio, un cuore a cuore: ciò che la
preghiera è per natura”(Caffarel).
L’ascolto della parola di Gesù, il
vero ascolto che fa passare la sua Parola nel cuore
e nella nostra vita, è ciò che ci rende veramente intimi e familiari di
Gesù: “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non
potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: Tua madre e
i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano
vederti. Ma egli rispose: Mia madre e i miei fratelli sono coloro che
ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”(Lc 8, 19-21). Questo passo evangelico, più di ogni altro, ci deve rendere sempre più consapevoli che accanto all’Eucarestia c’è
una mensa della Parola di Dio dalla quale si attinge la profonda comunione con Cristo.
“Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se
stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
Io sono la vite voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla”(Gv
15, 4-5). La preghiera è senz’altro un momento privilegiato di ascolto e
di comunione con Gesù, ma la preghiera non è separata dalla vita e
quindi sarebbe illusorio pensare di progredire nella preghiera se non
desiderassimo di rimanere o dimorare in Cristo
anche in tutti gli altri momenti della nostra vita quotidiana. Questa
coerenza fra preghiera e vita ci viene suggerita da Gesù stesso. “Se
dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo
fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo
dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e
poi torna ad offrire il tuo dono”(Mt 5, 23).
Se il significato
ultimo e più profondo della preghiera cristiana è quello di amare il
Signore con tutto il cuore e di offrirsi a lui
e così corrispondere al suo amore, è chiaro che questo non può avvenire
se noi non amiamo le membra del Signore, cioè il prossimo. È possibile
che a volte Dio ci privi del sentimento della sua presenza e del suo
amore nella preghiera proprio perché noi non
siamo accoglienti verso il nostro prossimo. “Non chiunque mi dice
Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli”(Mt 7, 21). È questa
un’altra parola di Gesù che ci richiama la coerenza fra la
preghiera e il resto della nostra vita.
In generale, dobbiamo essere
consapevoli che c’è tutto uno stile di vita che può favorire molto o, al
contrario, disturbare la preghiera. Come potremo raccoglierci alla
presenza di Dio, se durante il resto della giornata
ricerchiamo noi stessi, siamo attaccati alle cose materiali, ai nostri
comodi e non sappiamo sopportare nessuna contrarietà, se al di fuori
della preghiera siamo distratti in mille preoccupazioni superficiali, se
ci lasciamo andare senza alcun ritegno a chiacchiere
inutili, a vane curiosità, se non c’è un certo digiuno del cuore, dello
sguardo, per cui ci freniamo in tutto ciò che potrebbe allontanarci in
maniera eccessiva dall’essenziale?
“Non si può di sicuro vivere senza
certe distrazioni, senza momenti di svago e
di distensione, ma è necessario sempre ritornare a Dio, che fa l’unità
della nostra vita e ci fa vivere ogni cosa sotto il suo sguardo e in
rapporto con lui. È molto importante imparare gradualmente a vivere
sotto questo sguardo di Dio, alla sua presenza
e in una sorta di dialogo continuo con lui, ricordandoci di lui il più
spesso possibile in mezzo alle nostre occupazioni e vivendo ogni cosa in
sua compagnia. Più ci sforzeremo di farlo, più ci sarà facile anche
pregare. Si ritrova più facilmente Dio nel momento
della preghiera se non lo si è mai lasciato!”(J. Philippe)
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