di fra Giuseppe Bartolozzi
Ultimamente
abbiamo considerato nella preghiera l’umiltà a motivo soprattutto del
fatto che siamo peccatori bisognosi dell’amore di Cristo che ci purifica
e ci trasforma. “Pensa
allo sguardo di Cristo su Pietro che lo ha appena rinnegato … Credi che
fu uno sguardo di rimprovero o di collera? Ben più terribile, fu uno
sguardo d’amore, d’amore più intenso, che esprimeva una tenerezza più
premurosa, più bruciante, più avvolgente che
mai. Pietro non può resistergli; il suo cuore si spezza, lasciando
sgorgare delle lacrime insieme dolci e amare. Nello stesso tempo sotto
l’azione congiunta dello sguardo di Cristo e dello Spirito di Cristo al
lavoro in lui, un amore nuovo s’impadronisce di
tutto il suo essere. E così pochi giorni dopo il suo rinnegamento osa,
senza esitare, affermare a Cristo: Tu sai bene che ti amo”(Caffarel).
La
testimonianza di s. Pietro è particolarmente significativa per farci
comprendere che, oltre alla necessità di un’autentica
umiltà del cuore insegnataci da Gesù con la parabola del pubblicano al
tempio, c’è bisogno dell’amore, c’è bisogno che diciamo a Gesù: Tu sai
che io ti amo. È significativo, ancora, anche l’episodio evangelico
della donna peccatrice che saputo che Gesù si
trovava nella casa di Simone il fariseo “venne con un vasetto di olio
profumato e stando dietro presso i suoi piedi, piangendo cominciò a
bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e
li cospargeva di olio profumato”; le parole di
Gesù: “le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha molto amato”(Lc 7, 38. 47), manifestano il primato dell’amore.
Infatti, non ci ha forse insegnato Gesù stesso, riprendendo il passo del
Deuteronomio 6, 4, che il primo di tutti i comandamenti è:
“amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
mente e con tutta la tua forza”(Mc 12, 30)? Possiamo senz’altro
affermare che questo comandamento vale in primo luogo
per la preghiera. S. Teresa d’Avila, maestra dell’orazione, ha
affermato: “l’essenziale della preghiera non sta nel molto pensare ma
nel molto amare”. Nella preghiera si esprime la nostra realtà più intima
e cioè che noi siamo figli di Dio: San Paolo ci insegna
che questo è in noi il grido, cioè la preghiera, dello Spirito Santo:
Abbà,Padre (cf.
Rm 8, 15); infatti: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi
ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come
vittima di espiazione per i nostri peccati”(1
Gv 4, 10).
La nostra preghiera, la preghiera cristiana, è soprattutto una
risposta di amore all’amore del Padre quale si esprime in
Cristo Gesù, il suo Figlio dato per noi. Ripetiamo spesso nel silenzio
della nostra preghiera l’espressione di s. Pietro: "Signore tu sai che ti
amo", ricordando che quest’espressione esige
da noi grande sincerità: probabilmente molte cose ancora sono di
ostacolo ad un autentico amore per il Signore, ma ciò che conta è che
per noi l’amore a Gesù è il vero tesoro e dove è il nostro tesoro là
desidera essere, anche se ancora imperfettamente, il
nostro cuore.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, quando si parla del
cammino della preghiera, dopo aver richiamato il valore dell’invocazione
del nome di Gesù, si aggiunge che “la preghiera della Chiesa venera e
onora il
Cuore di Gesù, come invoca il suo santissimo Nome. Essa adora il
Verbo incarnato e il suo Cuore che, per amore degli uomini, si è
lasciato trafiggere dai nostri peccati”(n° 2669). “Venuti da Gesù e
vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,
ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì
sangue ed acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza
è vera … Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura:
Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora:
Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”(Gv 19,
33-37).
Il Cuore trafitto di Gesù innalzato sulla croce è la sorgente
dello Spirito Santo che dà vita, come conferma un altro passo dello
stesso evangelista: “Nell’ultimo giorno, il grande
giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: Chi ha
sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi
d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi
allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti
in lui”(Gv 7, 37-39). Guardare con fede al Cuore trafitto del
Signore è un aspetto importante della nostra preghiera poiché la ferita
visibile del Cuore manifesta la ferita invisibile dell’amore di Dio per
noi (cf. s. Bonaventura).
Il Cuore del Figlio
di Dio che si lascia trafiggere per amore e così dona la vita,
manifesta visibilmente che “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo
Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la
vita eterna”(Gv 3, 16). La preghiera cristiana
è innanzitutto una questione di cuore, cioè di amore; è come se Gesù ci
dicesse: “Eccoti il mio cuore, donami il tuo! Conosco la tua miseria,
le lotte e i dolori della tua anima; le debolezze e le infermità del tuo
corpo; io so la tua superficialità, i tuoi
peccati, le tue mancanze; ma io ti dico ugualmente: dammi il tuo cuore,
amami come tu sei”
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