di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20) - Solennità dell'Ascensione
In quel tempo, [Gesù
apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il
Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non
crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che
credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno
in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno;
imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù,
dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva
insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Commento
Ultimi versetti del
più corto di tutti i quattro Vangeli. Poche frasi, quasi lapidarie;
l’evangelista Marco va al cuore della bella notizia, il Vangelo appunto; se
tanta volte l’avessimo dimenticata la
buona notizia è che Gesù di Nazareth, il Dio fatto uomo, è morto e poi ha
oltrepassato la morte risorgendo e così facendo ha aperto il varco della vita
eterna a tutto il genere umano: a tutti quelli che accoglieranno la sua
salvezza immergendosi (leggi: battezzandosi) nella sua morte e risurrezione.
L’annuncio di una simile cosa è urgente, non è cosa da perdere tempo e chi ha
condiviso la sua missione e poi lo ha visto e toccato vivo, in carne e ossa,
dopo la sua risurrezione non deve esitare a diffondere questa parola di vita
eterna.
Gesù Cristo è la
nostra parola di salvezza, come una password per accedere al mondo delle cose
eterne dove troveremo tutto il bene seminato e riporteremo vittoria definitiva
su tutti i mali morali, spirituali, e anche fisici che ci stanno appesantendo.
Gesù, nel brano
riportato, prima di salire al Cielo affida il messaggio ai suoi discepoli; da
attore principale sulle via della Palestina, con qualche fuori pista in Siria e
dintorni, ora va a sedersi in cabina di
regia alla destra del Padre, perché i suoi discepoli diventino loro, ora, i
protagonisti della vita nuova, della gioia nuova che lui ha portato, della
speranza nuova che lui ha acceso in mezzo a noi; sceneggiatura, parti e copione
fanno capo al Signore Gesù ma ognuno è chiamato ad interpretarli secondo il suo
genio e talento perché se è vero che la vita può essere paragonata ad un palcoscenico è pur vero che noi non siamo burattini mossi con dei fili dall’alto, o
marionette manipolate dall’interno, ma attori che giocano la loro parte,
interpretando e vivendo creativamente e liberamente il loro ruolo.
Ma la realtà è molto
più forte di questa metafora teatrale, perché Gesù entra direttamente in scena
con segni prodigiosi trasfigurandosi nel volto degli attori che decidono di
vivere e agire come Lui, tanto che non sapresti più dire se vedi solo un uomo o
Gesù stesso in presa diretta. Di Francesco d’Assisi e di molti altri santi è
stato detto: “un altro Cristo!”
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