sabato 22 maggio 2021

Compimento e sigillo

 

Domenica di Pentecoste, anno B – 23 maggio 2021 




Dal Vangelo di Giovanni (15,26-27; 16,12-15) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».






Commento a cura di Claudia Spurio


Immagini parziali

Ho ricordi molto pittoreschi dello Spirito Santo che risalgono al catechismo della cresima: una colomba, una fiammella, un dito che indica la strada, una sorta di grillo parlante o di suggeritore. Immagini troppo infantili per la sensibilità di adulta di oggi, ma soprattutto queste immagini dicono solo una parte dell’identità dello Spirito Santo. Cos’è lo Spirito Santo? Anzi Chi è? 

Ci parla del Padre e del Figlio

In questo testo evangelico la spiegazione sembra farsi ancora più intricata. L’evangelista parla di uno spirito di verità che ci guiderà a tutta la verità perché non parla da se stesso ma dice ciò che ha udito; lo Spirito Santo dice Gesù in questo passo del Vangelo: “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”.

Proprio in questa ultima frase è contenuto il segreto per comprendere chi è lo Spirito. È colui che ci parla del Padre e del Figlio. In particolare ci dona qualcosa che è parte del Cristo; lo Spirito ci annuncia qualcosa del Cristo. Ma cos’è “di Cristo”? Quale parte di Lui ci viene annunciata, donata? 

Ci dona quel che è di Cristo

Lo Spirito ci dona l’amore appassionato di Cristo. Lo Spirito Santo è Colui che ci dà quella forza intimamente appartenente a Cristo, quella passione totalmente e profondamente Sua con cui Egli ama prima di tutto il Padre e poi i fratelli. Infatti dice San Paolo che lo Spirito grida in noi: “Abba, Padre”. Questo grido non è una capacità, una virtù, una regola, un precetto. No! È di più! Lo Spirito prende da quel che è Suo (di Cristo) e ce lo dà. Con la Pentecoste possiamo dire: “possiedo in me l’amore di Cristo”.

Nessun’altro al mondo può fare questo. Un padre può insegnare al figlio a voler bene con l’esempio, il dialogo, l’educazione, ma non può trasfondergli la sua passione d’amore. Nello Spirito Santo invece riceviamo come linfa vitale la passione di Cristo per il mondo. 

Imparare ad invocare lo Spirito

Questo dono non ci investe in modo passivo; va desiderato, invocato e accolto. Purtroppo il nostro cristianesimo è molto radicato nell’osservanza di regole e non siamo educati ad invocare lo Spirito per essere ricolmati della Sua forza d’amore. Invocando lo Spirito entriamo in quella vita di profonda relazione e comunione che è la vita della Trinità e dunque diventiamo capaci di relazioni autentiche. 

Il Carisma dell’Unità è compimento e sigillo

Nella Pentecoste il dono della Pasqua viene portato a compimento. La vita nuova ricevuta con la croce e la resurrezione viene sigillata nel nostro cuore mediante lo Spirito. C’è un segno inequivocabile che dimostra la presenza di questo compimento in noi: la comunione. Se il cristiano vive una vita nello Spirito di Cristo ha la capacità di aprirsi, di accogliere tutti e di annunciare a tutti (i discepoli dopo la Pentecoste parlano tutte le lingue) senza chiudersi in recinti di protezione. Un cristiano lo riconosci perché sa stare ovunque e con tutti, esaltando l’originalità dei fratelli e creando unità. L’unità nella differenza è l’essenza della Trinità: il Padre e il Figlio sono Uno e questa unità è sigillata dallo Spirito. In ogni vero cristiano fiorisce il Carisma dell’Unità. O il cristiano è segno di comunione ad immagine della Trinità oppure semplicemente non è cristiano.


sabato 15 maggio 2021

Ascensione di Gesù: "Perché tutti siano una cosa sola"


Domenica 16 maggio 2021 – Ascensione del Signore


Dal Vangelo di Marco (16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.



Commento a cura di Benedetta DUI da Jesi, redazione on line www.legraindeble.it


Ascensione: un addio?

Non è facile, Signore, contemplare un mistero così grande come la tua Ascensione al Cielo. Un mistero che ci ricorda che Tu non sei solo Uomo, ma sei anche Dio. Qualche giorno fa la liturgia del giorno ci proponeva un passo del Vangelo di Giovanni (Gv 14, 23-29) di cui riporto solo alcuni versetti: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me».

Mi stupisce questo desiderio che Tu, Signore, consegnavi ai tuoi discepoli addirittura prima della tua Passione e che oggi consegni a noi, dopo che questi fatti sono avvenuti, cioè post Passione, Morte, Resurrezione, Ascensione e Pentecoste. Tu ancora oggi desideri che noi siamo felici, che ci rallegriamo che Tu sia insieme al Padre. E mi colpisce tanto che Tu, Gesù, parli di una gioia che è conseguenza di un amore vero per Te. E forse mi interpellano così tanto le tue parole perché mi fanno da specchio tutti i momenti della vita in cui, invece che gioire, mi viene da dirti: “Signore ma dove sei? Perché sei asceso al Cielo? Perché ci hai lasciati qui, soli? Non sarebbe stato più facile se fossi rimasto?”.

O una fonte di gioia?

E così mentre ero alla ricerca del perché, del senso profondo dell’Ascensione, e stavo china su quei versetti del Vangelo di Giovanni, lo Spirito Santo mi è venuto in aiuto dandomi la risposta, cioè Se Stesso. Dopo averci mostrato il volto del Padre ed essere stato in mezzo a noi, il Figlio di Dio, Gesù, doveva salire al Cielo perché noi potessimo ricevere in dono lo Spirito Santo e divenire così tempio di tutta la Santissima Trinità. Se ci immergiamo nel passo di Gv 16, 7, possiamo percepire tutta l’urgenza che il Signore aveva di mandarci il Suo Santo Spirito. Non vedeva l’ora perché sapeva che quel giorno sarebbe nata la Chiesa, che a partire da quel giorno nessuno sarebbe più stato orfano, che da quel giorno chiunque, se lo desidera, può essere come Lui e compiere opere anche più grandi delle sue, perché Gesù è ormai tornato nel seno del Padre (Gv 14, 12).

Chiara ci aiuta…

Questo stava a cuore a Gesù: salire al Padre per donarci il Suo Spirito affinché tutta l’umanità fosse raggiunta dalla Buona Notizia, e ciascuno potesse essere un altro Cristo qui, ora, in questo mondo. Ci tengo a ringraziare anche una cara sorella in Cielo che mi ha aiutato ad entrare più profondamente nel mistero dell’Ascensione: Chiara Lubich. Mi sono imbattuta in questo provvidenziale video (https://www.youtube.com/watch?v=SmFPqZfsTEY) che vi consiglio di ascoltare (almeno fino al minuto 11.15). Se siamo chiamati a vivere alla maniera di Cristo, vuol dire che ciascuno di noi è chiamato ad essere Cristo, tant’è che ci chiamiamo Cristiani! E per dirla con le parole di Chiara: «Gesù ha pregato per l’unità; e la grazia che ha ottenuto è l’Eucarestia che ci fa Uno, che ci fa un corpo solo e un’anima sola. La parte nostra, l’ascetica, è l’amore reciproco; la parte mistica, che viene da Dio, è l’Eucarestia, che fa il suo effetto sul nostro amore reciproco: ci fa Uno, [nel video a questo punto Chiara indica se stessa e le persone che ha attorno e dice:] Cristo, Cristo, Cristo, Cristo, tutti Cristo!».

È lo Spirito Santo che ci fa essere e ci fa vivere come Gesù, se lo desideriamo. Se tutti quanti chiedessimo tutti i giorni, assiduamente, lo Spirito Santo, la nostra vita, le nostre opere avrebbero il profumo del Cielo, il sapore del Paradiso. Allora, come San Paolo, ciascuno di noi potrebbe gridare: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20).

Contemplare l'Ascensione

Oggi, Ascensione del Signore Gesù, non voglio avere la faccia triste, perché non si celebra il ricordo di un addio. Oggi voglio rallegrarmi perché Gesù è in Cielo con il Padre ma è anche qui, dentro di me, ed è dentro ciascuno di noi, per grazia dello Spirito Santo. Nostro compito è lasciar nascere e lasciar vivere Dio in noi e in mezzo a noi. Preparandoci alla Pentecoste, chiediamo a Maria di prestarci i suoi occhi per scoprire, riconoscere e contemplare la presenza di Cristo nel volto, nelle parole, nei gesti, nel cuore delle persone che ci sono accanto e che ci capita di incontrare. Allora non proveremo più alcuna tristezza perché sperimenteremo che Cristo non se n'è andato, ma è qui, insieme a noi, tutti i giorni fino alla fine del mondo. Questo è il motivo della nostra gioia ed è questa gioia piena che siamo chiamati a testimoniare.


sabato 1 maggio 2021

L’albero della vita: da dove tutto ebbe inizio

 

V Domenica di Pasqua/B – 2 maggio 2021


Dal Vangelo di Giovanni (15,1-8) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».



Commento a cura di Elisabetta Corsi da Fermo, redazione on line www.legraindeble.it

«In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l’albero della vita. Esso dà dodici raccolti all’anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell’albero sono per la guarigione delle nazioni» (Ap. 22, 2).

La vite vera

«Io sono la vite vera, il Padre mio è l’agricoltore». Così comincia il vangelo di questa V domenica di Pasqua. La sconcertante bellezza di un Figlio che abbandona tutta la sua vita nelle mani del buon georgòs perché in Lui ogni suo tralcio fiorisca, riporta il cuore dell’uomo là dove tutto ebbe inizio, nel giardino dell’Eden. È scritto, infatti, in Gen. 2, 8-9: «Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male».

Il peccato originale

Strisciando nell’alleanza fra il Creatore e la sua creatura più bella, il serpente sfalda la miracolosa unione fra Dio e l’uomo: Eva e Adamo, innalzandosi nella superbia, disubbidiscono al Signore e mangiano dell’albero della conoscenza del bene e del male. Dice allora Dio (Gen. 3, 22): «Adamo è divenuto come uno di noi nel conoscere il bene e il male, che ora non stenda la mano e prenda dell’albero della vita e ne mangi e viva in eterno». Scivolando via dalla premurosa cura di Dio, Adamo comincia a lavorare la terra, esiliato dal Paradiso Terrestre.

Nel giardino

Eppure, la storia dell’umanità non si compie con l’esilio, ma inizia e si conclude con la vita eterna: l’albero della vita è Cristo-vite, eternità del nostro essere, compimento di ogni nostro istante. Soltanto percorrendo la sua Via, possiamo compiere all’indietro il viaggio che ci ha condotto nell’esilio, ritornare alle sponde del Paradiso e ora stendere la mano e prendere del Frutto della Vita. Membra vive della sua Vita, rinvigoriti dallo scorrere delle acque spirituali, il nostro cuore ricorda la voce di Dio che ci chiamava pieno di gioia e che accarezzava l’anima con la verità della sua promessa d’amore. 

L’albero della croce

Tralci della vite vera, i giusti formeranno la Gerusalemme celeste e saranno immagine dell’uomo descritto in Sal. 1, 2-3, colui «il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato vicino a ruscelli, il quale dà il suo frutto a suo tempo, e il cui fogliame non appassisce; e tutto quello che fa, prospererà». Nelle mani del divino agricoltore, innestati nella Verità del Verbo, il nostro spirito fiorisce e si dona gratuitamente, come gratuitamente ha ricevuto. In un amore crocifisso e risorto, in un amore che stende la mano, trova compimento la storia della creazione: l’albero della vita è albero della croce. Come si legge nella Prefazio della Preghiera eucaristica dell’Esaltazione della Santa Croce:

«Nell’albero della Croce tu, o Dio, hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore».