lunedì 30 dicembre 2013

Vietato l'ingresso ai maggiori di...

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-15; 19-23)
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». 
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

COMMENTO

Lo sposo di Maria era un uomo che sognava spesso: stando al Vangelo di Matteo almeno in quattro occasioni: una prima volta un angelo gli "spiega" la gravidanza di Maria ( Mt 1,20), e poi i tre episodi del brano in questione. Spesso nella Bibbia il sogno non è la sede dell'ir-razionalità, ma piuttosto della sovra-razionalità, un "luogo" in cui Dio si comunica e si lascia intravedere, un "luogo" che è imprendibile dai sensi della ragione , che appunto è al di là del definibile. E' durante il sonno del primo uomo che Dio modella a partire dalla carne di lui la prima donna; è durante un sogno che Giacobbe intuisce la presenza di Dio nel luogo in cui si trovava. Per venire a fatti più recenti, è durante un sogno che i Magi sono avvertiti di non tornare da Erode a fargli il resoconto di ciò che avevano visto.


Per comprendere certe cose la ragione non basta!  Le cose di Dio, certe ispirazioni che vengono dall'Alto possono essere colte solo con una percezione intima , sintetica , immediata , intuitiva. Quello che avviene in un sogno in fondo è difficilmente spiegabile: rimane sempre qualcosa dai contorni sfumati, ne resta piuttosto una sensazione, come un sapore, una sorta di "retro gusto".

mercoledì 25 dicembre 2013

Il mistero dell'uomo inginocchiato

di fra Sergio Lorenzini



Tanti auguri ci raggiungono in questi giorni, via sms, mail, facebook, whatsapp, rari, ormai, i cartacei. Frasi semplici e veritiere, auguri ricercati e profondi, o parole proprie nate dalla vita. Ognuno si esprime come vuole e come può. Gli occhi scivolano veloci su quelle righe troppo nutrienti da digerirsi in breve tempo che non rilasciano il succo del loro significato ma solo il piacevole sapore del ricordo che qualcuno ha avuto di noi. Tra le tante, ne tengo una emersa dal gruppo: cartolina natalizia curata ed elegante, carta di qualità con stampata l’immagine della natività contorniata di brillantini dorati, un foglio bruciacchiato incollato all’interno con un brano poetico di Rilke sul Natale, e l’augurio personale di questo mio caro amico che ama sorprendermi e che non so sorprendere. 

«Questa notte … il silenzio e la tensione con cui si inginocchiano pastori e re magi. Proprio questo è il mistero dell’uomo inginocchiato, dell’uomo profondamente inginocchiato: che è più grande, secondo la sua natura spirituale, di quello in piedi!» (Rilke, Lettere di Natale). Sembra dire Rilke – paradosso – che a stare in ginocchio si diventa più alti che stando in piedi. E fulmineo è scattato il link mentale al bonario faccione di Don Oreste Benzi, che incontrato pochi mesi prima della sua morte, disse a tanti tra cui ero anch'io: «Per stare in piedi bisogna stare in ginocchio!». Di più ancora, però, mi ha augurato il mio amico: «Cresci pian piano fino a raggiungere l’altezza di un bambino».

sabato 21 dicembre 2013

Ciò che non si osa sperare

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-25) - IV Domenica di Avvento
La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati». Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele»,  che tradotto vuol dire: «Dio con noi». Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.

COMMENTO
Giuseppe figlio di Davide, ma di una linea marginale della sua discendenza; Giuseppe forse sapeva di non avere più nel DNA familiare i presupposti per essere o per generare il profeta-messia atteso dai giudei come salvatore. Tuttavia , proprio  laddove  la nostra umanità non può arrivare, può giungere Dio con il suo potente amore, per compiere l’inattendibile e l’inimmaginabile. Il merito di Giuseppe? Aver capito che comunque Maria lo avrebbe reso felice, anche se non poteva immaginare come. Giuseppe non ha cercato una moglie della sua tribù, quella di Giuda, non si è preoccupato di custodire una discendenza adeguata alle sue radici, ma ha cercato le bellezza del cuore.

Non ci sono meriti umani nella salvezza di Dio, se non quello di cogliere i segni della sua presenza che lui sempre ci dà, con tutta l’umiltà che questo richiede. E la bellezza del cuore di Maria si è rivelata nel non cercare di salvare la faccia a tutti i costi, ma nell’abbandonarsi solamente alla volontà di Dio così come l’ha compresa nell’annuncio dell’angelo, accettando di sopportare il sospetto e la derisione degli uomini;  il cuore di Maria e di Giuseppe è un cuore pulito che non cerca compromessi, né scorciatoie o toppe che a volte producono danni peggiori di quelli che vorrebbero riparare. Dio ci ama e ci salva gratis ma entra dove trova porte aperte. 

mercoledì 18 dicembre 2013

Fede e preghiera

di fra Giuseppe Bartolozzi


Nella preghiera si tratta, innanzitutto, di stare con fede alla presenza di Dio che abita il nostro cuore. “Dio è in noi, al centro del nostro essere. Presente, vivo, amante, attivo. Là ci chiama. Là ci aspetta per unirci a Lui. Dio è là, siamo noi che non ci siamo. La nostra esistenza trascorre all’esterno di noi stessi, o perlomeno alla periferia del nostro essere, nella zona delle sensazioni, emozioni, delle immaginazioni, delle discussioni … in questa periferia dell’anima, rumorosa ed inquieta. 

L’orazione è lasciare questa periferia tumultuosa del nostro essere; è raccogliere, radunare tutte le nostre forze e immergersi nella notte arida verso la profondità della nostra anima. Là non resta che tacere e farsi attenti. Non si tratta più di sensazioni spirituali, si tratta della fede: credere nella presenza di Dio. Adorare in silenzio la Trinità vivente. Offrirsi e aprirsi alla sua vita zampillante.

Se volete che tutta la vostra vita divenga una lunga preghiera, una vita alla presenza di Dio, una vita con Dio, se volete diventare delle anime di preghiera, sappiate, durante il giorno, rientrare spesso in voi stessi per adorare il Dio che vi attende. Non c’è bisogno di un tempo prolungato: un tuffo di un istante, e ritornate ai vostri compiti, ma ringiovaniti, rinfrescati, rinnovati” (H. Caffarel). Dicevamo l’ultima volta che la nostra preghiera è autentica se è autentica la nostra fede, come quella che nel Vangelo è mostrata dal centurione romano nei confronti di Gesù: “Dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”(Mt 8, 8). Se un pagano, quale era il centurione, ha potuto riconoscere, certo per una grazia singolare, la presenza di Gesù come Salvatore in maniera così chiara e netta, perché noi, i fratelli di Gesù, fatichiamo a volte così tanto ad abbandonarci a Lui? Ecco un aspetto della povertà della nostra preghiera.

martedì 17 dicembre 2013

La preghiera è una cosa semplice!


La preghiera è una cosa semplice, ma questo fatto non esclude il bisogno di un’iniziazione. Anzi, direi che è la semplicità stessa ad esigerlo. Infatti la spontaneità, l’immediatezza e la semplicità (qualità imprescindibili nella vera preghiera) non si trovano all’inizio, ma piuttosto al termine del nostro cammino umano e spirituale. E questo è vero in tutti i campi: la pattinatrice che piroetta con grazie e perfezione, sul vostro schermo televisivo, si è allenata per dieci anni, ogni giorno per cinque ore, estate e inverno. Pensate al teatro: un giorno assistendo con alcuni amici ad un’opera lirica italiana, avevamo notato che gli attori più naturali, più veri, quelli che quasi non sembravano recitare, erano i più anziani; ai primi dieci anni di studio intenso al conservatorio si erano aggiunti trent’anni di palcoscenico. Per riuscire a fare cosa? Ad essere totalmente semplici e spontanei. Possiamo senz’altro affermare che la naturalezza è un traguardo del cammino umano.

sabato 14 dicembre 2013

Segni Credibili Di Gioia Nuova

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo ( Mt 11,2-11 ) - III° Domenica di Avvento
Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me». Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto:
Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
che preparerà la tua via davanti a te.
In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.


COMMENTO
La piena conoscenza della persona di Cristo rimane incolmabile anche per Giovanni Battista che pure lo aveva battezzato nelle acque del Giordano e al quale era stato rivelato: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt3,17).

Gesù è mistero, cioè evento umano che porta in sé il divino, per definizione incontenibile nella mente umana, tanto che solo quando Egli si sarà definitivamente manifestato  «… lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2). Per questo Gesù alla domanda di Giovanni: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?», non può che rinviarlo alla lettura dei suoi gesti, delle sue guarigioni, di quei segni che da una parte confermano le attese dei profeti, e dall’altro proclamano la beatitudine di chi non si scandalizza di lui, di chi proprio come il Battista è disposto a pagare di persona la fedeltà alla verità.

giovedì 12 dicembre 2013

La vera salute ancora oggi è liberarci dal male

di Andrea Monda
(tratto da un articolo apparso su Avvenire in data 11.12.2013)


Nella mia missione "archeologica", alla ricerca delle parole perdute, a metà strada tra Champollion e Indiana Jones, è una piccola fortuna il fatto di insegnare in un liceo classico. Così quando ho scoperto che la parola salvezza era evaporata all'orizzonte, non mi sono rassegnato alla perdita e ho rilanciato puntando sull'etimologia chiedendo ai ragazzi di III liceo (cioè dell'ultimo anno, secondo la vecchia articolazione con il ginnasio al biennio, ma "ginnasio" è ormai un'altra parola destinata all'estinzione): «Come si dice salvezza in latino?». Pronta la risposta, sono bravi, in latino: «Salus, salutis, della terza declinazione», Martina brucia sul tempo gli altri. 

«Ma non vuol dire anche salute?», chiede saputella Serena. Ecco, spiegando che salus ha due significati ma il primo e più importante è "salvezza", mi sono reso conto che non tutte le parole del lessico religioso sono andate perdute: alcune si sono perse ma solo perché sono state sostituite. È questo il caso di salvezza, che oggi appare parola antica, priva di senso (da che cosa ci dovremmo salvare?) e che ha lasciato il posto al "nuovo dio" che ha soppiantato l'antico: il dio salute. 

lunedì 9 dicembre 2013

Il Ritiro di Natale: "Andiamo a vedere il Signore!"

di Emanuela Mori


Perché vale la pena partecipare al Ritiro di Natale? Per fare una scelta convinta vogliamo conoscere, sapere: sapere se ciò che scegliamo ci invita, ci chiama, se tocca il nostro cuore, se è veramente bello. Se ne vale la pena. E come posso io aiutarvi in questo? Non ho ricette né soluzioni, ma posso raccontarvi la mia esperienza.

Il Ritiro di Natale è per noi ragazzi della PGV (Pastorale Giovanile-Vocazionale) uno dei momenti più importanti dell'anno: “ricarichiamo le batterie spirituali” e pieni di gioia siamo pronti per tornare ai posti di combattimento! Molti amici ci hanno chiesto: “ma perché siete così sereni e felici al rientro dalle vacanze? Le vacanze sono appena finite!!!” Eh, no... perché con Gesù nel cuore la vita è diversa. Provare per credere.

venerdì 6 dicembre 2013

Una grazia non meritata

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Luca (1, 26 – 38) - II Domenica di Avvento
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

COMMENTO
La seconda Domenica di Avvento cede il passo alla Solennità dell’Immacolata Concezione. Se il Vangelo di quella ci avrebbe posto dinanzi la figura di Giovanni Battista, uomo zelante e annunciatore zelante dell’inaugurazione del Regno di Dio, il Vangelo di questa Festa mariana ci propone a modello la persona di Maria, personaggio altrettanto forte e determinato, sebbene solo apparentemente più discreto. 

Il Vangelo di Luca di fatto si apre con il racconto di due annunciazioni. La prima rivolta a Zaccaria, uomo giusto, che con sua moglie Elisabetta osservava irreprensibile la legge e le prescrizioni del Signore ( cfr Lc 1, 6 ) e che stava officiando nel tempio del Signore, luogo sacro per eccellenza. La seconda rivolta a Maria, promessa sposa di uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe, che viveva in una regione crocevia di diverse etnie e quindi abitata da molti pagani. Zaccaria esita e dubita che il Signore possa esaudire ciò che tuttavia lui e sua moglie ormai da tempo avevano chiesto: il dono di un figlio. Maria non esita a credere al dono di un figlio dono dello Spirito, non solo impossibile sul piano della natura dato che non conosceva uomo, ma anche inatteso e oltre le sue aspettative. 

mercoledì 4 dicembre 2013

Guillebaud: sentivo l'esigenza di confrontarmi con l'enigma del male.



Il giornalista ed editore Jean-Claude Guillebaud ci racconta la sua storia di conversione. Nato nel 1944 ad Algeri, è un giornalista e saggista francese. Grazie alla vicinanza con pensatori cristiani come René Girard, si è riavvicinato al Cristianesimo attraverso un lavoro culturale di rilettura della Tradizione, dell'esperienza e del pensiero cristiano come chiave decisiva per comprendere le mutazioni del tempo presente.    

«Il contrario del peccato non è la virtù, bensì la fede! È vero che ritrovare delle convinzioni cristiane non è sufficiente per considerarsi tali, ridiventare cristiano implica qualcosa di più personale e io penso che la mia vita sia cambiato proprio da questo punto di vista.

Ho avuto la sensazione di essere come un bambino che ritorna a casa, che ritrova la sua abitazione. Per un po’ mi sentivo in questa situazione imbarazzante. Conoscete la parabola del figliol prodigo? Un uomo che ritorna nella propria casa e dimostra una sorta di ingenuità. Non ricorda più la bellezza dei mobili della sua casa e se ne meraviglia. Io mi sentivo in questo stato. Avevo riscoperto e riletto le scritture dei Padri della Chiesa e me ne sorprendevo, e ai cristiani che mi invitavano a tenere delle conferenze ripetevo quanto non si rendessero conto di essere seduti sopra un tesoro e sentivo che si trattava di una ricchezza, stupendomi che alcuni di loro avessero perso l’abitudine di meravigliarsi.