venerdì 3 aprile 2020

L'ultima prova

Domenica delle Palme, anno A – 5 aprile 2020 -


Dal Vangelo secondo Matteo (versione abbreviata  27,38-54)

In quel tempo insieme a Gesù vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».


 


COMMENTO
 
Il Vangelo della prima domenica di Quaresima ce lo aveva preannunciato: dopo aver, invano, tentato Gesù dicendo a più riprese … “se tu sei figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane” oppure “se tu sei figlio di Dio, buttati giù”, il diavolo si allontanò da Gesù per ritornare al tempo fissato.
Eccoci dunque al tempo fissato, proprio gli ultimi istanti della vita di Gesù sulla croce, e questa volta il diavolo parla per il tramite degli uomini che nella loro durezza di cuore ne sono, spesso e forse involontariamente, i porta-parola.
 

Ci sono proprio tutti a rimproverarlo: i capi religiosi e i massimi interpreti delle sacre scritture - cioè gli scribi -, quelli che passavano di lì, e addirittura i due condannati morte con lui. Matteo non ci racconta a differenza di Luca la conversione di uno dei due.
“Se tu sei figlio di Dio, salva te stesso e scendi dalla croce!”. Una provocazione volta ad ottenere la prova decisiva delle pretese di Gesù di essere proprio quello che diceva di essere: figlio di Dio. Una provocazione la cui eco, a dire il vero, si estende a tutta la storia della cristianità fino ai giorni di oggi e che risuona costantemente ogni qual volta il dolore o le sventure sembrano insopportabili, a volte gridato dagli stessi figli della Chiesa. Cosa sta facendo Dio in questa situazione? Perché il Signore Gesù non offre la prova decisiva, sconfiggendo la morte, o sconfiggendo l’ingiusta condanna contro di lui e contro tutti gli innocenti della storia?
 

Gesù, in realtà, dimostra di voler vincere il male e la morte in maniera molto più radicale, estirpando la radice di quel male a cui non c’è rimedio, che è la morte eterna; e la radice di esso è la mancanza di fede in Gesù, il Signore della vita.
 

Il 27 marzo scorso Papa Francesco ha sollecitato i cristiani di tutti il mondo a riflettere sul racconto evangelico di Gesù che dorme nella barca sbattuta dalle onde e che appunto viene svegliato e rimproverato dagli apostoli: “maestro non ti importa che noi moriamo?” Lascio spazio alle sue parole che, a mio parere, saranno indissolubilmente legate alla memoria di questa epocale pandemia. Cito:
 

L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”
 

E rivolgendosi al Signore in una preghiera accorata, il Papa aggiunge:
 “Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri”.
Con queste parole di Papa Francesco, vi do appuntamento a Domenica prossima, Solennità di Pasqua!

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