venerdì 7 agosto 2020

La fede oltre il buio

 di Benedetta Dui


XIX Domenica Tempo Ordinario - anno A – 9 agosto 2020

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».


COMMENTO

Quante volte viviamo anche noi la stessa esperienza dei dodici! Gesù ci chiede di fare qualcosa nella nostra quotidianità e noi, come i discepoli, ci fidiamo di Lui, saliamo sulla barca e gli obbediamo, memori delle meraviglie che Gli abbiamo visto compiere. Forse ci aspettiamo che vada tutto bene, che scorra tutto liscio perché stiamo facendo la Sua volontà e invece… si scatena una tempesta. Ci ritroviamo in mezzo al mare, è notte, e per di più Gesù non si vede e chissà se arriva.

Scopriamo allora che la fede non è fatta solo di presenza e luce, ma anche di assenza e buio, i quali però contribuiscono a rafforzarla. È certo più facile essere vinti dalle paure quando stiamo attraversando le avversità della vita: non riusciamo nemmeno più a riconoscere il Signore che scambiamo per uno spettro, e che invece ci viene incontro camminando sopra, domando la nostra paura.

Dinanzi a occhi ciechi, Gesù si appella alle orecchie: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. Ci conforta, parla ai cuori immersi nella notte della fede, pronuncia il suo vero nome, professa la sua divinità: “Io (ci) sono” è infatti il nome di Dio.

Pietro si fa avanti, chiede un’ulteriore conferma e rischia. Immagino la sua camminata sulle acque sicura, salda, perché il suo sguardo doveva essere fisso su quello di Gesù: mi ricorda un po’ un bambino che compie i primi passi e non guarda dove mette i piedi, ma tiene i suoi occhi ben fissi sugli occhi ora della mamma ora del babbo, i quali un po’ a distanza lo aspettano, ricambiandolo con uno sguardo colmo di amore e fiducia. E se mai la nostra fragilità ci portasse a distogliere gli occhi da Lui e le paure dovessero riacquistare forza trascinandoci verso il basso, l’importante è gridare forte come Pietro: “Signore salvami!”, e lasciarci afferrare dalle pronte mani di Cristo.

Il paterno rimprovero che alla fine Egli rivolge a Pietro mi spinge ad interrogarmi su tre aspetti: mi sto fidando ciecamente di Gesù? Quali paure talvolta vincono la mia fiducia in Lui? Quale tempesta sono chiamata ad attraversare conservando la fede?


Nessun commento:

Posta un commento

Lasciate un commento