sabato 7 novembre 2020

Olio per far luce...In attesa dello sposo eterno

 XXXII Domenica del TO/A – 8 novembre 2020


Dal Vangelo di Matteo (25,1-13)         

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 

«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».




COMMENTO di Elisabetta Corsi  da Fermo (Redazione on line www.legraindeble.it)

Assisa nell'eternità. La traduzione letterale del primo versetto del vangelo di questa domenica recita: “Allora il regno dei cieli sarà reso simile a dieci vergini”. In quell’ὁμοιωθήσεται (omoiothésetai), “sarà reso simile”, si dispiega la potenza rivelatrice del Verbo: l’Uomo-Dio, che sta parlando e che per mezzo dello Spirito ricongiunge all’Eterno l’anima umana, in un futuro che diventa presente, per amore “previene quanti lo desiderano”; è la Sapienza precorritrice del tempo, perché assisa nell’eternità.

L’esilio e l’attesaNel moto parabolico di proiezione verso le sponde della salvezza, l’anima umana assiste al resoconto dei suoi chiaroscuri interiori, alla lotta di luce e di tenebre che prepara la sua più profonda essenza all’ὑπάντησιν τοῦ νυμφίου (ypàntesin toù nynfìou), “all’incontro con lo sposo”. Le dieci vergini, esemplificazione dell’integra regalità celeste, sostanziano, dunque, il punto di principio e fine di uno spazio temporale d’esilio e di attesa: conoscono lo sposo, lo attendono, e per riconoscerlo portano con sé delle lampade. Quelle λαμπάδας ἑαυτῶν (lampàdas eautòn) sono loro corredo sostanziale, bagaglio che le vergini hanno preso con sé prima di ogni cosa, dono elargito da Dio in vista dell’“incontro con lo sposo”.

Nel tempio di DioProprio nella cavità di quelle lampade l’anima riconosce se stessa quale tempio di Dio: tempio futuro e presente della “sapienza radiosa e indefettibile” di Dio, ma che ha bisogno di olio per avere luce e per far luce. Le vergini sagge, infatti, “avendo portato con sé le loro lampade”, ἔλαβον ἔλαιον ἐν τοῖς ἀγγείοις, (élabon élaion en tois angeìois), “portarono olio nei piccoli vasi”. Se a livello letterale e meramente concreto riusciamo a comprendere che la lampada non serve a nulla se non perché, per mezzo dell’olio, si possa accendere la luce, cosa indica spiritualmente la necessità dell’olio per far luce?

Aspersi d’olioPer comprendere il significato anagogico della parabola pronunciata dal Verbo, può giungere in nostro soccorso la prima lettura, che dice: “la sapienza facilmente è contemplata da chi la ama”. Allora, affinché il tempio di Dio, la lampada della nostra anima, non cada in un tenebroso e inerte sonnecchiare, ma, nell’attesa, faccia luce sullo sposo e ci permetta di contemplare il suo radioso arrivo, è necessario che i bordi della lampada siano aspersi dell’olio dell’amore e con esso consacrati a Dio. Perché in “piccoli vasi”? È il sentimento dell’attesa e dell’esilio che sostanzia la piccolezza del vaso, perché è difficile per anime create per l’eternità travasare nello stretto pertugio del divenire e nella piccolezza delle situazioni temporali, quell’amore celeste che deve ungere le pareti della nostra terrena esistenza. Ma amare negli stretti vasi di questo nostro esilio è la necessaria eterna via per amare a pieno la vita: via che dobbiamo percorrere per raggiungere il nostro eterno sposo celeste.


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