Andrej
Rublev è il sommo iconografo russo e – per molti – il più grande tra quelli di
cui ci sono rimaste opere. Della sua vita si sa poco: nacque a Mosca intorno al
1360-70 e fu allievo e poi assistente di Teofane il Greco, altro grande autore
di immagini sacre. Diventò monaco del Monastero Andronikov di Mosca dove
trascorse la maggior parte della sua vita e vi morì nel 1430 circa. Rublev fu
canonizzato nel 1988 in occasione del Millennio del Battesimo della Russia, ma
la sua fama di Santità aveva già attraversato i secoli insieme con le sue
celebri opere.
La
sua icona della Trinità, dipinta tra il 1422 e il 1427 e conservata oggi nel
Museo Tretjakov di Mosca, è universalmente ritenuta un capolavoro, sia dal
punto di vista artistico, sia teologico: il Concilio dei Cento Capitoli (1551)
la dichiarò “icona delle icone”, modello universale della rappresentazione
della Trinità.
Il
soggetto dell'icona della Trinità si basa sul racconto della "Ospitalità
di Abramo“, la storia di una “visita di Dio”. Nella Genesi è narrato l'incontro
di Abramo, capostipite del popolo eletto, con tre pellegrini, avvenuto tra le
querce di Mamre. Durante quest'incontro i tre annunciano al patriarca la
nascita del figlio Isacco.“ Poi il Signore apparve a lui alle querce di Mamre,
mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli
alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li
vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra,
dicendo: "Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar
oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' di acqua,
lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere
un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo potrete proseguire, perché è
ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero:
"Fa' pure come hai detto". Allora Abramo andò in fretta nella tenda,
da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne
focacce". All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e
buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e
latte fresco insieme al vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così,
mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. Poi
gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?" Rispose: "È là nella
tenda". Il Signore riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data
e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare
all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi,
avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che viene regolarmente alle donne.
Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare
il piacere, mentre il mio signore è vecchio!". Ma il Signore disse ad
Abramo: "Poiché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono
vecchia? C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato
tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio”(Gn 18, 1-15).
L'immagine
della Trinità raffigurata nell’icona è costruita in una invisibile composizione
circolare, poiché il cerchio è simbolo della perfetta uguaglianza ed
equilibrio. che indica pienezza e perfezione e sottolinea la circolarità degli sguardi
d’Amore delle Tre Persone.
Consideriamo
ora la ricchezza dei simboli usati dal Beato Rublev per sottolineare la comune
natura divina dei Tre e la Loro identità. Essi sono raffigurati come Angeli con
le ali, le quali sono fra loro congiunte ad indicare l’intima relazione dei
Tre; i Loro volti sono uguali e nessuno è più giovane o anziano dell'altro: in
Dio non c'è un prima o un dopo, ma un perenne oggi. Tutti e tre tengono in mano
il bastone del viandante, segno della stessa autorità. Le aureole, luminose,
sono tutte e tre uguali senza alcun segno di distinzione. L'azzurro, colore
divino, è in tutte e tre le figure che sono sedute su troni uguali, segno della
stessa dignità.
Nel
Padre, origine di ogni cosa, punto di partenza nella lettura dell'immagine
(nella cultura Russa così come nella nostra i testi vengono letti da sinistra
verso destra – e l’icona è un testo da leggere), il color azzurro, simbolo ella
Divinità, è nascosto; appare appena nella veste coperta dal manto rosa-dorato
simbolo di regalità: Dio Padre è inaccessibile nel suo mistero. La postura è
eretta (unico dei tre).
Il
Figlio, la figura centrale, è abbigliato in azzurro, colore della Divinità, e rosso,
simbolo della sua passione e la striscia d’oro è un riferimento alla Sua
regalità universale ottenuta per mezzo del sangue della sua croce (cf. Col 1, 20). Il Figlio è inclinato verso
la figura del Padre alla sua destra.
L’angelo
di destra rappresenta lo Spirito Santo: la veste è azzurra, colore della
divinità, mentre il manto è verde, colore che rappresenta la vita, cioè la
nuova vita nello Spirito. Come il Figlio, anch’egli s’inchina verso il Padre.
Il
dinamismo dell’immagine è questo: al Padre, che è origine di ogni cosa come
indica la sua posizione eretta, il Figlio e Spirito si inchinano e volgono lo
sguardo. Il Padre chiama il Figlio con un gesto discreto della mano destra,
indicandogli la coppa al centro simbolo dell’offerta sacrificale che il Figlio
dovrà compiere per la salvezza del mondo; il Figlio comprende la volontà del Padre
e l’accetta benedicendo la coppa, ma il gesto può indicare anche la duplice
natura, umana e divina. Lo Spirito accetta la volontà del Padre per il Figlio
posando la mano sul tavolo, segno della sua partecipazione al mistero della
salvezza.
Come
spiegò Filarete, metropolita di Mosca, in un'omelia del 1816: “La coppa, punto
di convergenza dei tre contiene il mistero dell'amore del Padre che crocifigge,
l'amore del Figlio crocifisso, l'amore dello Spirito che trionfa con la forza
della croce”.
In
conclusione possiamo dire che l’immagine del mistero di Dio-Trinità che l’icona
ci propone è la seguente: se Dio rimane sempre al di là di ogni conoscenza
umana (“se comprendi non è Dio”, diceva sant’Agostino) la coppa eucaristica al
centro ci dice che Dio si fa conoscere nell’amore del suo Figlio diletto,
quell’amore riversato nel cuore dei credenti dalla grazia dello Spirito Santo:
“… avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo:
Abbà, Padre!. Lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio ( Rm 8, 15-16). Quindi, Dio può essere
conosciuto-contemplato solo attraverso l’amore nell’obbedienza della fede. Gesù
ci ha insegnato che il grande comandamento è: “amerai il Signore tuo Dio con
tutto il cuore e con tutta l’anima e con tutto il tuo pensiero”(Mt 22, 36) e Giovanni afferma: “chiunque
ama è generato da Dio e conosce Dio.
Chi non ama non ha conosciuto Dio perché Dio è amore”(1 Gv 4,7-8).
Possiamo
collegare il significato teologico dell’icona della Trinità di Rublev con la
seguente riflessione: “L’oggetto della contemplazione è Dio e Dio nella sua
vita trinitaria. Ma egli lo è, per noi, nell’incarnazione del Figlio; quando si
contempla Dio non possiamo separarci dall’umanità del Figlio di Dio. Noi non
possiamo contemplare in se stessa la vita trinitaria di Dio, altrimenti
finiremo nel vuoto. Non possiamo fare della Trinità in se stessa un ‘oggetto’
del nostro pensiero. Dio, il quale lega la nostra contemplazione all’umanità
del Figlio suo, ci dà in questo modo non di meno ma di più. Ci regala una
visione concreta della vita trinitaria per mezzo di una nostra decisione
compiuta nella grazia e nella serietà dell’imitazione di Cristo.
Modello per
una simile contemplazione della Trinità è Maria, a cui Dio si rivolge mediante
le parole dell’angelo in forma trinitaria (cf. Lc 1, 26-38). Decisivo è che le tre fasi del discorso dell’angelo,
la cui prima rivela il Padre, la seconda il Figlio e la terza lo Spirito Santo,
non venga mai staccata dalle tre reazioni di Maria, ognuna delle quali non è
una pura speculazione su Dio, ma riflessione circa la risposta responsabile
migliore possibile alla parola che gli è stata rivolta. Dopo la rivelazione del
Padre è lo spavento (ogni creatura è spaventata quando è collocata
immediatamente di fronte a Dio) e la riflessione che cosa volesse dire quel
saluto, cioè che cosa Dio intendeva in riferimento alla sua giusta risposta e
alla sua disponibilità. La seconda reazione dopo la rivelazione del Figlio, che
ella deve partorire e che sarà sia Figlio di Dio sia figlio di Davide, è la
domanda ancora più concreta su come ella deve comportarsi nell’obbedienza che
ci si aspetta da lei. La terza reazione, dopo la rivelazione dello Spirito che
la adombrerà, è l’accordo con la perfetta Parola di Dio che deve in lei
avvenire, in lei dominare e in lei prendere carne. Ogni passo della rivelazione
trinitaria è una risposta del cielo ad una domanda d’obbedienza sulla
terra”(von Balthasar). Ciò significa che, sull’esempio di Maria
nell’annunciazione, l’obbedienza a Dio, nella fede e nell’amore, in ciò che lui
ci chiede con la sua Parola, ci apre sempre più profondamente alla
conoscenza-esperienza di Dio-Amore, che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
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