lunedì 3 novembre 2014

Il mistero di Dio

di fra Giuseppe Bartolozzi


Andrej Rublev è il sommo iconografo russo e – per molti – il più grande tra quelli di cui ci sono rimaste opere. Della sua vita si sa poco: nacque a Mosca intorno al 1360-70 e fu allievo e poi assistente di Teofane il Greco, altro grande autore di immagini sacre. Diventò monaco del Monastero Andronikov di Mosca dove trascorse la maggior parte della sua vita e vi morì nel 1430 circa. Rublev fu canonizzato nel 1988 in occasione del Millennio del Battesimo della Russia, ma la sua fama di Santità aveva già attraversato i secoli insieme con le sue celebri opere.


La sua icona della Trinità, dipinta tra il 1422 e il 1427 e conservata oggi nel Museo Tretjakov di Mosca, è universalmente ritenuta un capolavoro, sia dal punto di vista artistico, sia teologico: il Concilio dei Cento Capitoli (1551) la dichiarò “icona delle icone”, modello universale della rappresentazione della Trinità.

Il soggetto dell'icona della Trinità si basa sul racconto della "Ospitalità di Abramo“, la storia di una “visita di Dio”. Nella Genesi è narrato l'incontro di Abramo, capostipite del popolo eletto, con tre pellegrini, avvenuto tra le querce di Mamre. Durante quest'incontro i tre annunciano al patriarca la nascita del figlio Isacco.“ Poi il Signore apparve a lui alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: "Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fa' pure come hai detto". Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce". All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme al vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?" Rispose: "È là nella tenda". Il Signore riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che viene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!". Ma il Signore disse ad Abramo: "Poiché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio”(Gn 18, 1-15).

L'immagine della Trinità raffigurata nell’icona è costruita in una invisibile composizione circolare, poiché il cerchio è simbolo della perfetta uguaglianza ed equilibrio. che indica pienezza e perfezione e sottolinea la circolarità degli sguardi d’Amore delle Tre Persone.

Consideriamo ora la ricchezza dei simboli usati dal Beato Rublev per sottolineare la comune natura divina dei Tre e la Loro identità. Essi sono raffigurati come Angeli con le ali, le quali sono fra loro congiunte ad indicare l’intima relazione dei Tre; i Loro volti sono uguali e nessuno è più giovane o anziano dell'altro: in Dio non c'è un prima o un dopo, ma un perenne oggi. Tutti e tre tengono in mano il bastone del viandante, segno della stessa autorità. Le aureole, luminose, sono tutte e tre uguali senza alcun segno di distinzione. L'azzurro, colore divino, è in tutte e tre le figure che sono sedute su troni uguali, segno della stessa dignità.

Nel Padre, origine di ogni cosa, punto di partenza nella lettura dell'immagine (nella cultura Russa così come nella nostra i testi vengono letti da sinistra verso destra – e l’icona è un testo da leggere), il color azzurro, simbolo ella Divinità, è nascosto; appare appena nella veste coperta dal manto rosa-dorato simbolo di regalità: Dio Padre è inaccessibile nel suo mistero. La postura è eretta (unico dei tre).

Il Figlio, la figura centrale, è abbigliato in azzurro, colore della Divinità, e rosso, simbolo della sua passione e la striscia d’oro è un riferimento alla Sua regalità universale ottenuta per mezzo del sangue della sua croce (cf. Col 1, 20). Il Figlio è inclinato verso la figura del Padre alla sua destra.
L’angelo di destra rappresenta lo Spirito Santo: la veste è azzurra, colore della divinità, mentre il manto è verde, colore che rappresenta la vita, cioè la nuova vita nello Spirito. Come il Figlio, anch’egli s’inchina verso il Padre.

Il dinamismo dell’immagine è questo: al Padre, che è origine di ogni cosa come indica la sua posizione eretta, il Figlio e Spirito si inchinano e volgono lo sguardo. Il Padre chiama il Figlio con un gesto discreto della mano destra, indicandogli la coppa al centro simbolo dell’offerta sacrificale che il Figlio dovrà compiere per la salvezza del mondo; il Figlio comprende la volontà del Padre e l’accetta benedicendo la coppa, ma il gesto può indicare anche la duplice natura, umana e divina. Lo Spirito accetta la volontà del Padre per il Figlio posando la mano sul tavolo, segno della sua partecipazione al mistero della salvezza.

Come spiegò Filarete, metropolita di Mosca, in un'omelia del 1816: “La coppa, punto di convergenza dei tre contiene il mistero dell'amore del Padre che crocifigge, l'amore del Figlio crocifisso, l'amore dello Spirito che trionfa con la forza della croce”.

In conclusione possiamo dire che l’immagine del mistero di Dio-Trinità che l’icona ci propone è la seguente: se Dio rimane sempre al di là di ogni conoscenza umana (“se comprendi non è Dio”, diceva sant’Agostino) la coppa eucaristica al centro ci dice che Dio si fa conoscere nell’amore del suo Figlio diletto, quell’amore riversato nel cuore dei credenti dalla grazia dello Spirito Santo: “… avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!. Lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio ( Rm 8, 15-16). Quindi, Dio può essere conosciuto-contemplato solo attraverso l’amore nell’obbedienza della fede. Gesù ci ha insegnato che il grande comandamento è: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima e con tutto il tuo pensiero”(Mt 22, 36) e Giovanni afferma: “chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio perché Dio è amore”(1 Gv 4,7-8).

Possiamo collegare il significato teologico dell’icona della Trinità di Rublev con la seguente riflessione: “L’oggetto della contemplazione è Dio e Dio nella sua vita trinitaria. Ma egli lo è, per noi, nell’incarnazione del Figlio; quando si contempla Dio non possiamo separarci dall’umanità del Figlio di Dio. Noi non possiamo contemplare in se stessa la vita trinitaria di Dio, altrimenti finiremo nel vuoto. Non possiamo fare della Trinità in se stessa un ‘oggetto’ del nostro pensiero. Dio, il quale lega la nostra contemplazione all’umanità del Figlio suo, ci dà in questo modo non di meno ma di più. Ci regala una visione concreta della vita trinitaria per mezzo di una nostra decisione compiuta nella grazia e nella serietà dell’imitazione di Cristo. 

Modello per una simile contemplazione della Trinità è Maria, a cui Dio si rivolge mediante le parole dell’angelo in forma trinitaria (cf. Lc 1, 26-38). Decisivo è che le tre fasi del discorso dell’angelo, la cui prima rivela il Padre, la seconda il Figlio e la terza lo Spirito Santo, non venga mai staccata dalle tre reazioni di Maria, ognuna delle quali non è una pura speculazione su Dio, ma riflessione circa la risposta responsabile migliore possibile alla parola che gli è stata rivolta. Dopo la rivelazione del Padre è lo spavento (ogni creatura è spaventata quando è collocata immediatamente di fronte a Dio) e la riflessione che cosa volesse dire quel saluto, cioè che cosa Dio intendeva in riferimento alla sua giusta risposta e alla sua disponibilità. La seconda reazione dopo la rivelazione del Figlio, che ella deve partorire e che sarà sia Figlio di Dio sia figlio di Davide, è la domanda ancora più concreta su come ella deve comportarsi nell’obbedienza che ci si aspetta da lei. La terza reazione, dopo la rivelazione dello Spirito che la adombrerà, è l’accordo con la perfetta Parola di Dio che deve in lei avvenire, in lei dominare e in lei prendere carne. Ogni passo della rivelazione trinitaria è una risposta del cielo ad una domanda d’obbedienza sulla terra”(von Balthasar). Ciò significa che, sull’esempio di Maria nell’annunciazione, l’obbedienza a Dio, nella fede e nell’amore, in ciò che lui ci chiede con la sua Parola, ci apre sempre più profondamente alla conoscenza-esperienza di Dio-Amore, che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

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