sabato 4 luglio 2015

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (6,1-6 ) - XIV Domenica del Tempo ordinario
Poi partì di là e andò nel suo paese e i suoi discepoli lo seguirono. Venuto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga; molti, udendolo, si stupivano e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? Che sapienza è questa che gli è data? E che cosa sono queste opere potenti fatte per mano sua? Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iose, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi?» E si scandalizzavano a causa di lui.
Ma Gesù diceva loro: «Nessun profeta è disprezzato se non nella sua patria, fra i suoi parenti e in casa sua». E non vi poté fare alcuna opera potente, ad eccezione di pochi malati a cui impose le mani e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

COMMENTO
Tutto bene fino all’ultima domanda. Era lecito per “i molti” chiedersi l’origine della sapienza di Gesù e del suo potere di operare miracoli. Giusto anche accertarsi della sua identità, se si trattasse proprio di quel Gesù che avevano conosciuto e visto crescere nel loro paesello di Nazareth. Ma perché scandalizzarsi di lui? Ecco, qui nasce e incomincia la rottura con la possibilità di incontrare il mistero del Dio fatto uomo, di Dio che sceglie di salvare l’uomo tramite l’uomo. Scandalizzarsi di Gesù significa escludere a priori la possibilità che in quell’uomo ci possa essere qualcosa di più, un di più che apre a qualcosa o a Qualcuno d’altro; significa che la mia idea iniziale, il mio pre-giudizio, prevale sulla realtà quale mi si presenta in tutte le sue possibilità, e finisce per essere un vero e proprio sasso di inciampo, uno scandalo, un impedimento alle imprevedibili strade con cui la misericordia di Dio ci può raggiungere.


La realtà è sempre superiore all’idea; non dovremmo mai permettere che una ideologia o una convinzione ci impedisca di essere in ascolto profondo e contemplativo di quello che incontriamo. La realtà è sempre superiore all’idea, perché la realtà si pone in modo oggettivo, concreto, mentre le nostre idee possono essere fallibili, certamente soggettive e parziali.

Come gli abitanti di Nazareth anche noi potremmo cadere nella trappola di ritenere impossibile che nelle nostre situazioni domestiche, le più ordinarie, i nostri familiari, o vicini di casa possano diventare vere e proprie rivelazioni dell’amore di Dio, della sua presenza, della sua mano che guarisce.


Perché quel Dio misericordioso che ha assunto un volto umano nella persona di Gesù e che ci ha promesso di restare sempre con noi fino alla fine del mondo, non potrebbe rendersi presente nel tessuto più ordinario delle nostre relazioni familiari, in quei volti e in quei gesti di attenzione che diamo così tanto per scontati? Dato che è proprio così, che cioè ogni fratello ci trasmette qualcosa del suo volto, non perdiamo mai il senso dell’attenzione e dell’ascolto di ogni frammento di umanità che attraversa il nostro cammino!    

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