Dal Vangelo secondo Luca 25,35-43 - Solennità di Cristo Re dell'universo
Il popolo stava a guardare. E anche i magistrati si beffavano di lui, dicendo:
«Ha salvato altri, salvi se stesso, se è il Cristo, l'Eletto di Dio!» Pure i
soldati lo schernivano, accostandosi, presentandogli dell'aceto e dicendo: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!» Vi era anche questa iscrizione sopra il suo capo: questo è il re dei giudei. Uno dei malfattori appesi lo insultava, dicendo: «Non sei tu il Cristo? Salva
te stesso e noi!» Ma l'altro lo rimproverava, dicendo: «Non hai nemmeno
timor di Dio, tu che ti trovi nel medesimo supplizio? Per noi è giusto,
perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi non
ha fatto nulla di male». E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai
nel tuo regno!» Ed egli gli disse: «Io ti dico in verità, oggi tu sarai con
me in paradiso».
COMMENTO
…
Ed è così che dopo un anno giubilare sulla misericordia di Dio in cui abbiamo
ascoltato abbastanza spesso parlare di indulgenze plenarie come possibilità di
azzerare la pena temporale (cioè il purgatorio), l’ultimo vangelo di questo
anno santo ci presenta Gesù nell’unico episodio in cui pronuncia la parola
“paradiso” e sembra, lo si dica con
molto rispetto, “svenderlo” al primo ( secondo in ordine di apparizione )
ladrone malcapitato accanto a lui. “Oggi
tu sarai con me in paradiso”. Riascoltiamo ancora una volta le parole di Gesù;
ci fa bene: “Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso”. Via
diretta senza stazioni intermedie, senza purgatorio, verso la gloria del Regno
di Dio, il Paradiso! Cosa avrà fatto di tanto meritevole questo ladrone, che a
dire il vero si era dissociato dall’invocazione e dalla provocazione di
salvezza del compagno?
Tutti
intorno sotto la croce, magistrati e soldati, a chiedere a Gesù il segno
supremo della sua regalità, della sua pretesa di essere il re dei giudei:
“salva te stesso!” Come dire: “scendi dalla croce e noi ti crederemo!”; invece
questo malfattore non chiede salvezza, sembra addirittura accontentarsi di un
semplice ricordo dando però per scontato che quel nazareno, dopo l’umiliazione
e la morte sul patibolo, entrerà nel suo Regno. Giustamente si dice che egli è
il primo uomo canonizzato, il primo uomo di cui possiamo essere sicuri che è in
Paradiso.
Gesù
deve aver letto nel cuore di quest’uomo il riconoscimento della sua missione di
salvatore, e d’altra parte il pentimento e il suo umile atto di affidamento, e
in ogni caso il porsi in una relazione costruttiva con Lui. Potrebbe sembrare
troppo facile, un paradiso troppo a buon mercato, ma la realtà e la sostanza
della nostra salvezza è concentrata nella persona di Gesù, nel porre al centro
della nostra vita la sua presenza. Ecco il merito del ladrone pentito: aver
creduto fortemente che quell’uomo giusto metteva in luce tutte le proprie
iniquità e che su tutto il male e su tutti i mali egli avrebbe avuto il potere
di regnare in modo ultimo e definitivo. Il suo merito è quello di non aver
accampato meriti, e di aver accolto la salvezza lì dove la presenza del Signore
lo ha raggiunto.
Così
anche per noi: la salvezza di Cristo ci raggiunge ovunque, là dove siamo, e
soprattutto al colmo di ogni esperienza di delusione o di dolore. Quando tutto
è perduto, e ogni salvezza umana sembra inefficace, la nostra umiltà ci può
salvare, riconoscendo che in quella nostra esperienza c’è la presenza
dell’umanità ferita e agonizzante di Cristo Gesù.
Dio
si è fatto carne per portare fino in fondo il suo cammino di assimilazione alle
sconfitte e ai dolori dell’uomo, alle sue morti quotidiane e definitive; Egli
nella persona di Gesù di Nazaret non è venuto a dare spiegazioni sul dolore
umano , ma semplicemente ad offrire la certezza della sua presenza; accanto,
vicino e dentro ogni cuore trafitto c’è la sua presenza di morto e risorto, per orientare diversamente la
prospettiva del nostro sguardo, per saper contemplare in contro luce ad ogni
esperienza di croce il nostro destino di gloria in Cristo Gesù.
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