sabato 6 maggio 2017

La porta della vita

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Giovanni (10,1-10 ) - IV Domenica di Pasqua
 In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

COMMENTO
Gesù è il riferimento e il modello unico e insostituibile per chi vuole parlare al cuore del popolo di Dio. Gesù è venuto perché Israele e tutta l’umanità abbia la vita e l’abbia in abbondanza e proprio per questo ha accettato di “perdere” la propria vita, donandola sulla croce: per sanare col suo atto di amore misericordioso un’umanità che si era allontanata dalla giustizia di Dio.


Lui è il modello del giusto modo di rapportarsi con l’umano: la logica del dono gratuito, senza ritorno, e “le pecore ascoltano la sua voce”. Al di fuori di questo atteggiamento esiste l’opportunismo, l’interesse, la ricerca della gloria personale, il dare qualcosa con l’intenzione di trarne un beneficio, la mania di protagonismo. Gesù è l’unico che nell’atto di amore all’uomo aveva qualcosa da perdere, Lui che in quanto Dio è atto di amore perfetto e completo. Ogni atto d’amore di questo mondo, per poco che sia, ha sempre una traccia di tornaconto. E purtroppo la storia dell’umanità, ma anche le nostre storie personali ci hanno mostrato quanto è frequente l’atteggiamento di chi fa del bene per mettersi in evidenza, per farsi notare e “fare carriera” in ambiti ecclesiali; l’atteggiamento non raro di chi non cerca la crescita del gregge a lui affidato ma solo un trampolino di lancio per la sua leadership, per affermare la sua posizione di comando e di autorità.
I guardiani del gregge dovranno sempre saper vagliare lo spirito con cui gli uomini si avvicinano ai fratelli loro affidati, perché Gesù dice chiaramente che il guardiano apre la porta a colui che si avvicina alla porta, che è pastore e non mercenario o rapinatore.


La porta, la persona di Gesù, ha una forma angusta, la forma della croce, e quindi è una porta stretta; non perché il Signore vuole escludere qualcuno ma perché l’ingresso non deve e non può essere casuale ma il frutto di una scelta consapevole, la logica del dono.

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