sabato 7 giugno 2014

Il SIgnore della pace

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-23) - Domenica di Pentecoste
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.  Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

COMMENTO
“Pace a voi”. Ecco la prima parola di Gesù risorto ai discepoli. In tutta la storia dell’umanità è stato da sempre la cosa più ricercata, più ambita ma anche la più assente: la Pace. Il nostro caro San Francesco d’Assisi voleva che i suoi frati salutassero tutti coloro che incontravano con queste parole: “Il Signore ti dia pace!”. Augurio che poi si è trasformato lungo i secoli nel classico saluto francescano di “Pace e Bene!”

La pace è il dono per eccellenza di Cristo risorto, è l’eredità più importante che ci lascia perché è la comunione divina che Lui stesso vive con il Padre e lo Spirito Santo, il frutto maturo della lotta vittoriosa che ha intrapreso contro il Male e la morte, sua logica conseguenza. La pace vera, Cristo solo ce la può donare e nessun altro. La pace non è assenza di qualcosa ma presenza di Colui che dal di dentro ha sconfitto il peccato. Gesù è entrato completamente dentro l’abisso della cattiveria umana, subendola fino all’ultima goccia, per poi annullarla con la sua risurrezione.

Vivere e annunciare la pace, vivendo liberi dal peccato, è la prima e più vera carta d’identità di un cristiano. Ecco perché San Francesco scrive nella sua prima Regola che “coloro che vanno tra i Saraceni, anzi tutto non devono litigare, né contendere con parole, né giudicare gli altri, ma essere miti, pacifici e sottomessi ad ogni creatura” .

La pace è il frutto più bello della vittoria pasquale di Gesù, e lo Spirito che Gesù soffia sugli apostoli è il suo nuovo modo di essere presente, di operare in noi e attraverso noi. Gesù smette di rendersi visibile agli occhi dei suoi perché è attraverso i suoi che d’ora in poi vuole rendersi visibile al mondo; Gesù smette di presentarsi davanti ai suoi discepoli perché d’ora in poi vuole essere presente col suo Spirito nei suoi discepoli per animare dal di dentro le loro parole, i loro gesti e i loro sentimenti, perché essi stessi siano il suo volto vivente. Siamo noi cristiani, battezzati (cioè immersi) nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, a dover portare la pace di Cristo nel mondo.

Papa Bendetto XVI ebbe a dire che i nemici della Chiesa non sono fuori, ma dentro. Aveva ragione. Sono le nostre divisioni, i nostri protagonismi, in generale tutti i nostri peccati, a rendere debole il nostro messaggio e a deturpare il volto di Cristo. Succederà allora, e di fatto succede spesso, che chi ci vede avrà l’impressione di vedere non i servitori di Cristo, ma quelli che si servono di Cristo per le proprie ambizioni, i propri arrivismi, le proprie manie di protagonismo che giacciono sotto il più soave, falso manto dello zelo pastorale. Invochiamo sempre e con forza lo Spirito Santo, egli che dona la pace annullando la forza del peccato, perché sgorga dal cuore di Cristo che ha sconfitto il peccato mettendoci una croce sopra.

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