giovedì 3 luglio 2014

Servitori non monopolisti

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (16, 13 – 19 ) - Solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

COMMENTO
“Ma voi, chi dite che io sia?”.  Sempre la narrazione evangelica esce dalla pagina per prendere vita in colui che si pone in ascolto, perché la dinamica della Parola è in direzione della carne, di un corpo, di un’esistenza da modellare. Se il Verbo di Dio si è fatto carne nell’uomo Gesù di Nazareth, ogni parola di Dio, in Gesù risorto e vivo, chiede lo stesso spazio, lo stesso destino di una vita spesa e donata.


In modo particolare questo testo, tuttavia, chiede una presa di posizione, una scelta, e una conseguente presa di responsabilità. I regali di Dio, sotto forma di speciali rivelazioni, come in questo caso a Pietro («Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli …”) non vanno a rispondere a semplici curiosità, ma invitano ad una missione. Chi più ha ricevuto, più è chiamato a vivere e a trasmettere

La conoscenza rivelata ispirata da Dio è sempre in funzione di un ministero da assolvere, di una missione da compiere, perché conoscere è sinonimo di amare; cosicché una conoscenza che non si trasforma in servizio è un intellettualismo tronfio, sterile e mortale. “ Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla.” ( 1 Cor 13,2 ).

La beatitudine di Pietro si trasforma nella custodia di un popolo che il Signore gli affida. Chi non coglie a fondo il dinamismo dell’incarnazione del Figlio di Dio nell’uomo di Nazareth, non potrà cogliere neppure il prolungamento del suo incarnarsi nei misteri della Chiesa, primo fra tutti la carne stessa del popolo dei battezzati in tutte le sue articolazioni e ministeri tra cui quello petrino che sovrintende alla comunione e alla carità. Chi non coglie il gesto di accondiscendenza e il meraviglioso affidarsi di Cristo a Pietro e tramite lui a tutta la comunità credente ( “E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa ” ) non ha colto neppure il segno ancor più grande dell’incarnazione. Ecco perché “extra ecclesiam nulla salus” (fuori della Chiesa non c’è salvezza): perché chi  ha ricevuto in dono l’abbraccio del corpo ecclesiale di Cristo come potrà essere salvato staccandosi da esso?

Preme da ultimo una riflessione sulle parole molto categoriche del Signore: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Se è vero che il Signore si impegna a seguire le sue membra nella missione salvifica affidata, il Signore può certo continuare ad agire in modo invisibile, legando e sciogliendo, al di fuori dei confini visibili della comunità credente. Questo non deve far affievolire la nostra passione missionaria ma semplicemente farci ricordare che non siamo noi i padroni del Regno di Dio, ma semplicemente ne siamo servitori, che non aggiungono nulla a quanto è donato, e quindi inutili.

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