martedì 9 dicembre 2014

Sappiamo ancora a-(t)tendere?”

di Paride Petrocchi



Siamo in Avvento, il tempo per eccellenza dell’Attesa. In questi giorni nelle case fervono i preparativi, da chi corre nei negozi per completare la lista dei regali, a chi tira fuori dalla soffitta o dal garage l’occorrente per l’albero e per il presepe.



Nel cuore si posa quella dolce patina di serenità che solo la parola Natale riesce a suscitare, un’oasi di pace e di calore nel tempestoso mare della nostra epoca. Siamo febbricitanti in vista di questo evento, di questa notte placida nella quale brillerà la scintilla che renderà possibile la nostra salvezza.
Siamo tutti in attesa, ma di chi, perché? Abbiamo disimparato ad attendere? Tante volte mi sono soffermato ad osservare incuriosito il comportamento dell’amante nell’attesa dell’amata; pochi minuti che però sembrano un’eternità.
Il continuo guardare l’orologio (lo smartphone) nella speranza che quei celeberrimi “5 minuti” siano effettivi e lei, o lui, compaia.
Un’attesa che per qualcuno è nervosa, impaziente, a volte logorante. Se ci riflettiamo un po’ su, buona parte della nostra vita, la passiamo ad attendere, un qualcuno o un qualcosa, non vediamo l’ora che il tempo passi, vorremmo bruciare le tappe, per poi a fine corsa accontentarci di una cenere ormai spenta di un tempo non abitato. 
Nessuno ha più il gusto della vigilia, di quel lasso di tempo del’ ‘non ancora’; un ‘non ancora’ che noi vorremmo diventasse un subito, un’ora.
Questo ‘non ancora’ che per me è l’immagine del pollo, preparato alla Vigilia, per il giorno dopo, il Natale appunto; ma anche il posto vuoto nella stalla di Betlemme nel presepio di casa, o dei regali presenti e non scartati.
L’ Avvento può insegnarci questo, il saper attendere, il saper “tendere a…”, essere come l’arco che si deve tendere per colpire il suo bersaglio, la nostra esistenza può divenire un soave anelito a qualcosa di altro, a qualcosa di più, a qualcosa di bello.
Ma l’attesa non è un tempo ‘da riempire’, l’attesa è il tempo della preparazione, del fare spazio.
Don Tonino Bello disse, parlando di Maria come donna dell’attesa, che: “Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero.”.
Non so se sia vero, sicuramente so che se impariamo ad attendere, impareremo a riciclare quel tempo che prima consideravamo sprecato: il tempo dell’attesa, il tempo della vigilia.

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