sabato 6 giugno 2015

Pane nuovo e vino nuovo

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco(14,12-16; 22-25) - Solennità del Corpus Domini
Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?» Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo; dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: 'Dov'è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli?'". Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì apparecchiate per noi». I discepoli andarono, giunsero nella città e trovarono come egli aveva detto loro; e prepararono per la Pasqua. […] Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedizione, lo spezzò, lo diede loro e disse: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. Poi Gesù disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti. In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio».

Commento 
Il sangue del patto è sparso per molti, i tutti che sono veramente molti e sono chiamati ad entrarvi fino a quando Gesù non berrà nuovo il frutto della vigna. Dal momento dell’ultima cena veramente Gesù non berrà più vino, tranne forse quel goccio di aceto offertogli sulla croce. Il vino che Gesù ci dona è il vino nuovo, è il vino della gioia delle nozze: non a caso la sala del cenacolo è situata al primo piano perché è al primo piano dove normalmente si trovava la stanza matrimoniale. 


Il vino di Gesù, simbolo reale del suo sangue, quindi della sua vita, è anche simbolo della gioia; è un vino che sgorga sempre nuovo, anche dall’acqua come alle nozze di Cana quando Gesù cambiò l’acqua in vino salvando la buona riuscita della festa. Il segno che Gesù offre ai due discepoli per scegliere la sala per la cena pasquale è di fatto un uomo che porta una brocca d’acqua, forse perché anche in questo caso Gesù deve trasformare un vecchio rito che ormai non poteva più dar sapore alla fede degli uomini in un rito nuovo, quello dell’offerta del suo vero corpo e del suo vero sangue.


Questo rito troverà la sua conferma storica nell’evento della croce. Gesù ritualizza la sua morte apportatrice di salvezza perché la ripetizione di quel rito ci permetta di tornare ogni volta ai piedi della croce. Ogni volta egli ci da il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua vita per la nostra salvezza, e nella sua morte c’è spazio anche per la nostra goccia d’aceto. Quell’aceto offerto a Gesù poco prima di morire è anche’esso frutto della vigna ma è un vino deteriorato, un vino passato, un vino vecchio, un vino che doveva dar gioia ma che ormai è solo acido. 

Anche noi chiamati ad offrire le nostre amarezze, a porgere a Gesù tutte le nostre speranze, illusioni, sogni, aspettative di gioia sfumati e divenuti acidi. Lui berrà nuovo il frutto della vigna con tutti noi, quando il mondo sarà rinnovato, le nostre vite rinate, le nostre sofferenze trasformate in gioia perenne, i nostri sepolcri spalancati alla vita, e i nostri cuori rinati al sorriso della vita eterna. Gesù in un pezzo di pane e un calice di vino stabilisce un nuovo patto con l’umanità: il nostro aceto in cambio del suo vino nuovo, le nostre delusioni in cambio della sua speranza che non delude, la nostra vita vecchia in cambio della sua vita nuova, eterna.

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