di fra Damiano Angelucci
Dal Vangelo secondo Luca (15,1-32 ) - XXIV domenica del tempo ordinario
In
quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde
una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle
spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con
me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico:
così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per
novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada
e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla
trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho
trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli
angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre:
“Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le
sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue
cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in
modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande
carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al
servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a
pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i
porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti
salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi
alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e
davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come
uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse
incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più
bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi.
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché
questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato
ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa,
udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse
tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si
indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli
rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito
a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei
amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli
rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma
bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è
tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
COMMENTO
Il
capitolo 15 del Vangelo di Luca è considerato il cuore del 3° Vangelo: è il
messaggio della misericordia di Dio. In queste due brevi parabole, ma anche
nella parabola del figlio prodigo che segue immediatamente e che abbiamo già
ascoltato nella scorsa 4° Dom di Quaresima, tutto si gioca sul rapporto perdere-ritrovare.
Gesù
è il volto umano di Dio venuto a recuperare ciò che era perduto, l’umanità
stessa; è il Dio fatto uomo venuto ad attuare quanto il profeta Ezechiele aveva
annunciato circa 600 anni prima.
Così
al capitolo 34: “dice il Signore Dio: Ecco io stesso cercherò le mie pecore e
ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova
in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna
le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni
nuvolosi e di caligine”.L’umanità
si era perduta, ma in Gesù il Signore Dio è venuto a riprenderci, a farci
gustare la sua gioia.
Le
due parabole sono molto simili. Ciò che le accomuna è che l’attenzione del
pastore e della donna si concentra su ciò che era perduto; la priorità non è
custodire ciò che è già salvo , ma di recuperare ciò che si è perduto. Ecco
perché nella realtà Gesù non ha paura di scandalizzare i suoi correligionari,
scribi , farisei e dottori della legge, mangiando e sedendo con i peccatori; il
loro scandalo, è secondario rispetto al suo obiettivo centrale che è quello di
recuperare i pubblicani e i peccatori, coloro che erano ancora formalmente
lontani dalla salvezza.
Un
altro elemento comune è la passività con cui viene figurata l’umanità perduta.
Non interessa il poi dell’uomo, la ricerca di Dio verso l’uomo è gratuita, la
salvezza è tutta opera sua. La gioia di Dio è compiuta per la salvezza operata
da Cristo; che poi l’uomo l’accolga o no , questo è un problema dell’uomo, che
dovrà decidere se rifiutare o accogliere questa gioia, non senza l’azione della
Grazia di Dio. La passività quindi non è in senso assoluto ma relativa
all’iniziativa che appartiene sempre e in ogni caso al cuore paterno e materno
del Signore. Proprio così Papa Francesco si esprime in EG. 3: “Non c’è motivo per cui qualcuno possa
pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia
portata dal Signore».1 Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno
fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a
braccia aperte.”
Due
parabole che sono quindi l’allegorizzazione dell’atteggiamento di Gesù,
rivelatore a sua volta dell’atteggiamento di Dio. Un
Dio pastore ma anche un Dio materno come ci rivela la parabola della dramma
perduta. Infatti Gesù ci ha voluto rivelare e far conoscere il carattere
viscerale e materno del cuore di Dio Padre , che contro ogni logica umana di
convenienza o di calcolo, cerca sempre il “Si” dell’uomo.
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