mercoledì 3 aprile 2013

Diventare

di Sara Rovaris 



Il verbo “diventare” è sinonimo di “divenire”, che deriva dal latino “de-vĕnire”, composto da “de” (preposizione che indica moto dall'alto) e “venire”. Propriamente si potrebbe tradurre con “venir giù, scendere, arrivare ad un luogo”. Viene solitamente inteso come movimento, mutamento, come uno scorrere senza fine della realtà. È il famoso “fieri” dei latini, che implica un cambiamento delle circostanze, un morire e un nascere perenne delle situazioni. In filosofia sta ad indicare una trasformazione non solo nello spazio, ma anche nel tempo.
Tenendo conto del suo valore etimologico e del nostro odierno contesto socio-culturale, si potrebbe allora affermare che il divenire è un venire ad essere, un farsi diverso da quello che si era prima.

Il primo pensiero che mi è venuto quindi alla mente quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul divenire, è stato: “Eccomi ad affrontare ancora una volta il tema del cambiamento, della conversione! ”. Cosa è propriamente la con-versione se non un cambiare la rotta, un volgere lo sguardo, un diventare, appunto, “diversi” da quello che si era prima? La domanda di fondo rispetto al verbo “diventare” potrebbe perciò essere: cosa, o meglio, chi il Signore vuole che io diventi? Quale è il desiderio (tradotto letteralmente “desiderio” è “de-sidera = dalle stelle”, come “di-venire = venire dall’alto”) che Dio ha sulla mia vita, sulla mia esistenza? Allora è il caso di soffermarsi un poco sulla Sacra Scrittura, per comprendere meglio il Mistero che sta dietro al semplice verbo “diventare”.

Anzitutto ognuno di noi è chiamato a realizzare in sé, nella propria vita, la vocazione di figlio amato dal Padre. Tutti siamo chiamati a dare compimento in pienezza al nostro essere figli di Dio. Lo stesso Apostolo ci dice: «A quanti l'hanno accolto (il Verbo), ha dato potere di diventare figli di Dio : a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 12).

Cosa vuol dire perciò diventare figli di Dio in pienezza se non accogliere il Verbo e credere nel Nome di Gesù? Possiamo allora rispondere a questa domanda guardando alla vita di Colui che è il Figlio: Gesù, essendo “via, verità e vita”, ci indica la strada da percorrere per realizzare la nostra vocazione.

Prendiamo, ad esempio, un passo del Vangelo di Matteo: «In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?» Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18, 1-4).

Essere figli, vivere da figli amati dal Padre, diventare pienamente tali, vuol dire perciò “cambiare” (con-verstirsi in ciò che Dio vuole) e “diventare come bambini”. Allora sarà aperta a noi la porta del regno dei cieli.

Ecco cosa desidera Dio per ognuno di noi: il Paradiso!  Il desiderio di Dio è donarci il regno dei cieli, il suo regno, affinché ora e per sempre possiamo vivere con Lui, immersi totalmente nell’Amore. Dio vuole figli che liberamente scelgono di fidarsi e affidarsi a Colui che è l’unico Maestro, che come bambini sappiano stupirsi delle meraviglie che Egli compie ogni giorno nella loro vita, che accettino di farsi correggere e di cambiare, confidando che il Maestro sappia vedere oltre e voglia sempre e solo il loro vero bene.

Lasciamoci allora prendere per mano da Gesù e facciamoci guidare da Lui, perché possiamo realizzare quel progetto di salvezza che Egli ha per ciascuno di noi, avendoci «scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1, 4-5).

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