di fra Giuseppe Bartolozzi
Lo sguardo interiore al cuore del Salvatore trafitto per amore nostro (“dalle sue piaghe siete stati guariti” 1
Pt 2, 25) può essere sempre il punto di partenza della preghiera 
per aprire il nostro cuore all’amore di Dio. “L’orazione è, 
fondamentalmente, stare alla presenza di Dio per lasciare che lui ci 
ami. La risposta d’amore viene in seguito, sia durante sia
 al di fuori dell’orazione. … Da questo primato dell’amore consegue pure
 che la nostra attività nella preghiera deve essere guidata dal seguente
 principio: quello che noi dobbiamo fare è ciò che favorisce e fortifica
 l’amore.
 Ecco il solo criterio che permette
 di dire se è bene o male fare questo o quello durante la preghiera: è 
buono ciò che porta all’amore, ma ad un amore vero, non superficialmente
 sentimentale. … I pensieri, le considerazioni, gli atti interiori che 
alimentano o esprimono il nostro amore per
 Dio, che ci fanno crescere nella gratitudine e nella fiducia verso di 
lui, che risvegliano o stimolano il desiderio di donarci totalmente, 
interamente a Lui … devono costituire abitualmente la parte principale 
della nostra attività nell’orazione. Tutto quanto
 fortifica il nostro amore per Dio è materia buona per la preghiera. 
Conseguenza di quanto detto è che si deve fare attenzione nella 
preghiera a non ‘sfarfallare’, a non moltiplicare i pensieri e le 
considerazioni che favorirebbero, alla fine, il desiderio
 di slanci e di voli più che la ricerca di un’effettiva conversione del 
cuore. A che mi serve nella preghiera avere pensieri elevati e 
molteplici sui misteri della fede … se non ne esco più determinato a 
donarmi a Dio e a rinunciare a me stesso per amore di
 lui? Amare, dice santa Teresa di Lisieux, è dare tutto e dare se 
stessi. 
Se la mia preghiera di ogni giorno consistesse in un unico 
pensiero su cui io ritornassi instancabilmente – stimolare , per esempio
 il mio cuore a donarsi interamente al Signore – questa
 preghiera sarebbe più povera, ma migliore. … Alla fine la nostra 
preghiera non dovrebbe essere che questo: non parole o pensieri … ma un 
solo atto, unico e semplice, d’amore; ma è necessario molto tempo e un 
profondo lavoro della grazia per giungere a questa
 semplicità, poiché il peccato ci ha resi complicati e facili a 
distrarci in mille cose”(J Philippe).
La preghiera non è un esercizio intellettuale ma un tempo di intimità 
con Dio dove il cuore ha il primato sull’intelligenza. Tuttavia, col 
pretesto di salvare il primato dell’amore nella preghiera non si deve 
sottovalutare il posto che in questa ha la conoscenza
 di Dio. Come nella vita coniugale l’amore diminuisce quando gli sposi 
rinunciano ad andare ogni giorno alla scoperta l’uno dell’altro, 
ugualmente nelle nostre relazioni con Dio l’amore va a rotoli quando si 
allenta lo sforzo della conoscenza. 
La conoscenza
 e l’amore, altrimenti dette fede e carità, sono legate tra di loro: 
“Vuoi imparare a pregare? Ricerca allora la conoscenza di Cristo. Non 
parlo di una conoscenza puramente intellettuale, ma di una conoscenza di
 fede e d’amore. E per prima cosa credi fermamente
 che Cristo non è un personaggio perduto nelle nebbie della storia, ma 
un vivente, il Vivente, che sta alla porta e bussa, come dice Lui 
stesso. È di quel Cristo là, di quel Cristo rivolto verso di te e che 
vuole allacciare delle relazioni personali con te,
 che bisogna cominciare a cercare che cosa pensa e che cosa vuole da te,
 i suoi sentimenti nei tuoi riguardi. Per non smarrirti nei pensieri o 
nelle illusioni, usa un solo mezzo: impugna il tuo Vangelo e non 
mollarlo più, e cerca, cerca instancabilmente. Poco
 a poco, con una chiarezza crescente, ti si presenterà il vero volto di 
Cristo e, con l’aiuto della sua grazia – perché Egli è più determinato a
 farsi conoscere di quanto tu lo sia a conoscerlo – scoprirai le
insondabili ricchezze del suo amore di cui parla s. Paolo. … Sono
 sicuro che molti cristiani si scoraggiano nel fare orazione perché non 
giungono ad amare Cristo, e se non lo amano è perché sono negligenti nel
 conoscerlo: non si ama un’ombra, non sia
 ama un essere che non si conosce. Solo la scoperta del prodigioso amore
 che Cristo ci porta può far sgorgare in noi l’amore e la 
preghiera”(Caffarel). 
S. Paolo afferma che in Cristo “abita 
corporalmente tutta la pienezza della divinità”(Col 2, 9) e
 ciò significa che l’umanità del nostro Salvatore è la realtà 
indispensabile che ci permette di incontrare e vedere il Dio vivente a 
partire dalla preghiera: “Qui c’è un mistero, bellissimo e grandissimo. 
L’umanità di Gesù in tutti i suoi aspetti … è per noi
 come un immenso spazio di comunione con Dio. Ogni aspetto di questa 
umanità, ciascuno dei suoi tratti, anche il più piccolo e più nascosto, 
ogni sua parola, ogni atto e gesto, ogni tappa della sua vita, dal 
concepimento nel seno di Maria fino all’Ascensione,
 ci mettono in comunione con il Padre, se li accogliamo con fede. Percorrendo questa umanità come un paesaggio che ci appartiene, come un 
libro scritto per noi, appropriandocene nella fede e nell’amore, noi 
continuiamo a crescere nella comunione con il mistero
 inaccessibile e insondabile di Dio”(J Philippe). 
“Dio nessuno l’ha mai 
visto; proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre lui lo ha 
rivelato”(Gv 1, 18). Conoscere con amore l’umanità del Figlio di 
Dio, la realtà umana del Signore Gesù, così
 come il Vangelo ce la mostra, costituisce senz’altro la via 
privilegiata per la nostra preghiera, la quale è incontro, amicizia, 
familiarità, con il Dio vivente.
 
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