mercoledì 12 marzo 2014

Amore e preghiera (2)

di fra Giuseppe Bartolozzi


Lo sguardo interiore al cuore del Salvatore trafitto per amore nostro (“dalle sue piaghe siete stati guariti” 1 Pt 2, 25) può essere sempre il punto di partenza della preghiera per aprire il nostro cuore all’amore di Dio. “L’orazione è, fondamentalmente, stare alla presenza di Dio per lasciare che lui ci ami. La risposta d’amore viene in seguito, sia durante sia al di fuori dell’orazione. … Da questo primato dell’amore consegue pure che la nostra attività nella preghiera deve essere guidata dal seguente principio: quello che noi dobbiamo fare è ciò che favorisce e fortifica l’amore.


Ecco il solo criterio che permette di dire se è bene o male fare questo o quello durante la preghiera: è buono ciò che porta all’amore, ma ad un amore vero, non superficialmente sentimentale. … I pensieri, le considerazioni, gli atti interiori che alimentano o esprimono il nostro amore per Dio, che ci fanno crescere nella gratitudine e nella fiducia verso di lui, che risvegliano o stimolano il desiderio di donarci totalmente, interamente a Lui … devono costituire abitualmente la parte principale della nostra attività nell’orazione. Tutto quanto fortifica il nostro amore per Dio è materia buona per la preghiera. 

Conseguenza di quanto detto è che si deve fare attenzione nella preghiera a non ‘sfarfallare’, a non moltiplicare i pensieri e le considerazioni che favorirebbero, alla fine, il desiderio di slanci e di voli più che la ricerca di un’effettiva conversione del cuore. A che mi serve nella preghiera avere pensieri elevati e molteplici sui misteri della fede … se non ne esco più determinato a donarmi a Dio e a rinunciare a me stesso per amore di lui? Amare, dice santa Teresa di Lisieux, è dare tutto e dare se stessi. 

Se la mia preghiera di ogni giorno consistesse in un unico pensiero su cui io ritornassi instancabilmente – stimolare , per esempio il mio cuore a donarsi interamente al Signore – questa preghiera sarebbe più povera, ma migliore. … Alla fine la nostra preghiera non dovrebbe essere che questo: non parole o pensieri … ma un solo atto, unico e semplice, d’amore; ma è necessario molto tempo e un profondo lavoro della grazia per giungere a questa semplicità, poiché il peccato ci ha resi complicati e facili a distrarci in mille cose”(J Philippe).

La preghiera non è un esercizio intellettuale ma un tempo di intimità con Dio dove il cuore ha il primato sull’intelligenza. Tuttavia, col pretesto di salvare il primato dell’amore nella preghiera non si deve sottovalutare il posto che in questa ha la conoscenza di Dio. Come nella vita coniugale l’amore diminuisce quando gli sposi rinunciano ad andare ogni giorno alla scoperta l’uno dell’altro, ugualmente nelle nostre relazioni con Dio l’amore va a rotoli quando si allenta lo sforzo della conoscenza. 

La conoscenza e l’amore, altrimenti dette fede e carità, sono legate tra di loro: “Vuoi imparare a pregare? Ricerca allora la conoscenza di Cristo. Non parlo di una conoscenza puramente intellettuale, ma di una conoscenza di fede e d’amore. E per prima cosa credi fermamente che Cristo non è un personaggio perduto nelle nebbie della storia, ma un vivente, il Vivente, che sta alla porta e bussa, come dice Lui stesso. È di quel Cristo là, di quel Cristo rivolto verso di te e che vuole allacciare delle relazioni personali con te, che bisogna cominciare a cercare che cosa pensa e che cosa vuole da te, i suoi sentimenti nei tuoi riguardi. Per non smarrirti nei pensieri o nelle illusioni, usa un solo mezzo: impugna il tuo Vangelo e non mollarlo più, e cerca, cerca instancabilmente. Poco a poco, con una chiarezza crescente, ti si presenterà il vero volto di Cristo e, con l’aiuto della sua grazia – perché Egli è più determinato a farsi conoscere di quanto tu lo sia a conoscerlo – scoprirai le insondabili ricchezze del suo amore di cui parla s. Paolo. … Sono sicuro che molti cristiani si scoraggiano nel fare orazione perché non giungono ad amare Cristo, e se non lo amano è perché sono negligenti nel conoscerlo: non si ama un’ombra, non sia ama un essere che non si conosce. Solo la scoperta del prodigioso amore che Cristo ci porta può far sgorgare in noi l’amore e la preghiera”(Caffarel). 

S. Paolo afferma che in Cristo “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”(Col 2, 9) e ciò significa che l’umanità del nostro Salvatore è la realtà indispensabile che ci permette di incontrare e vedere il Dio vivente a partire dalla preghiera: “Qui c’è un mistero, bellissimo e grandissimo. L’umanità di Gesù in tutti i suoi aspetti … è per noi come un immenso spazio di comunione con Dio. Ogni aspetto di questa umanità, ciascuno dei suoi tratti, anche il più piccolo e più nascosto, ogni sua parola, ogni atto e gesto, ogni tappa della sua vita, dal concepimento nel seno di Maria fino all’Ascensione, ci mettono in comunione con il Padre, se li accogliamo con fede. Percorrendo questa umanità come un paesaggio che ci appartiene, come un libro scritto per noi, appropriandocene nella fede e nell’amore, noi continuiamo a crescere nella comunione con il mistero inaccessibile e insondabile di Dio”(J Philippe). 

“Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre lui lo ha rivelato”(Gv 1, 18). Conoscere con amore l’umanità del Figlio di Dio, la realtà umana del Signore Gesù, così come il Vangelo ce la mostra, costituisce senz’altro la via privilegiata per la nostra preghiera, la quale è incontro, amicizia, familiarità, con il Dio vivente.

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