giovedì 6 marzo 2014

Parole “naufragate”: la sobrietà

di Paride Petrocchi



Fin da quando ero bambino, appena gli ultimi coriandoli del Carnevale terminano la loro danza nell'aria e si posano inesorabilmente a terra, stanchi, mia nonna mi rivolge la sua inesorabile domanda: “Quale fioretto farai per la Quaresima?”

Una domanda che mi ha sempre preso in contropiede, nonostante ci avessi già pensato prima, per tempo. Ora, forse, capisco questa sensazione di “messa in scacco”, perché questo periodo dell'anno ci invita, quasi obbliga, a fare delle scelte, a separare in un'ipotetica lista le cose superflue dalle cose essenziali; ci fa mettere in questione il nostro passato, la nostra esistenza e farne un bilancio in prospettiva del futuro. Un'operazione di potatura tanto sofferta, quanto necessaria; come nella vigna quando d'inverno si  potano alcuni tralci, affinché altri portino più frutto, un taglio doloroso ma che feconda il futuro. È il periodo giusto per ricominciare.

“La sobrietà, il mio fioretto sarà la sobrietà” così risponderei a mia nonna alla domanda di potatura, ma sorge subito un'altra domanda: che cosa è la sobrietà? Non è affatto facile trovare una definizione di tale virtù, perché di virtù si tratta, non è semplicemente il contrario di ubriachezza; sobrio e quindi sobrietà hanno nella loro radice latina (sobrius) la particella “se”, la stessa separare, di secernere. Quindi la sobrietà è connessa ad un atto di separazione, un atto anche di valutazione, la sobrietà è una virtù che ci permette di valutare bene i beni.

È una virtù scomoda, perché ci costringe a dover dare priorità ad bene rispetto ad un altro, senza nessun alibi. Ci obbliga a mettere la nostra vita su una bilancia, per chiederci cosa è meglio per noi,  non in senso assoluto. Ci chiede da una parte dove siamo e dall'altra dove vogliamo andare. Se dovessi scegliere un'immagine per descrivere la sobrietà, è quella di un pellegrino che deve intraprendere un lungo viaggio, e ha con sé una sola bisaccia e dentro di essa può portare poche cose; sicuramente, se è un pellegrino saggio che vuole giungere alla sua meta, avrà molta cura nel selezionare i beni che vorrà portare con sé, porterà l'essenziale.

Quindi è l'augurio che faccio a me e anche a voi, che in questo cammino quaresimale e non solo, possiate esercitare la virtù della sobrietà, e se posso, da compagno di cammino, darvi un consiglio, cercate di riempire la bisaccia di persone più che di cose, di fare spazio per relazioni umane più che riempire qualsiasi vuoto con surrogati di vita che ci impoveriscono invece che arricchirci.

Ah, quasi dimenticavo, buona potatura!

1 commento:

  1. Sobrietà, in un mondo ingolfato di desideri, è lucidità su quali di essi sono veri e necessari e quali falsi e indotti; quali spingono in alto e quali trascinano in basso; quali ci uniscono all'essenziale e quali ci frantumano nel superfluo. Buon cammino verso l'essenziale. (fra Sergio)

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