per entrare in casa di qualcuno si
bussa alla porta o si pigia il campanello, l’uscio si apre e subito giunge dal
padrone di casa il caloroso e cordiale saluto di benvenuto. In un blog come si
fa a darvi il benvenuto? Beh, non abbiamo una risposta precisa ma l’importante
è che voi che entrate in questa pagina sappiate che...
benvenuti lo siete davvero.
benvenuti lo siete davvero.
Questo che abbiamo desiderato
ritagliarci nel mondo della rete, è un semplice luogo francescano, anzi no, non
un luogo, ma un ponte, un filo, una linea di collegamento tra le mura antiche
del nostro convento e il mare libero della rete. E la rete a noi frati
cappuccini piace – eccome se piace! – perché è un intreccio sterminato di nodi
che servono a raccogliere vita. E poi, perdonate la deformazione professionale,
ci ricordano quei nodi che portiamo al cingolo che stanno lì a dichiarare che
la vita senza nodi è una vita senza forma, perché un nodo è una decisione che
sì, stringe e costringe, ma che proprio in quanto tale – e lo so che vi
sembrerà un paradosso – libera e realizza. Ma, pensateci un attimo, non vale lo
stesso anche per voi? Solo se non decidi non recidi ma se non decidi chi sarai?
Chiedo venia, la predica scappa automatica! Ma torniamo a quanto stavamo
dicendo.
Questo blog vuole essere un punto d’incontro
per condividere un po’ di vita, pensieri, parole, storie ed esperienze,
attività e proposte, uno squarcio dal quale spunti una prospettiva insolitamente
lucente su questo nostro mondo. Vorremmo farlo a partire da quel singolarissimo
personaggio, a noi così caro, che fu Francesco d’Assisi. In fondo, siamo tutti
un po’ gelosi di Francesco; troppo felice, e per di più, senza neanche uno
straccio di motivo per esserlo, almeno per noi. E di più ancora, non solo
faceva a meno, ma addirittura evitava con sorriso fanciullesco tutto quello su
cui noi ci affanniamo a costruire la nostra incerta felicità.
Essendo cortese e generoso di
natura, così lo descrivevano i suoi amici, non avrà difficoltà a farci prestito
dei suoi occhi pieni di mistero e meraviglia. Come sarà apparso il mondo a
quegli occhi? Un mondo capovolto dall’incontro con Dio in cui dovrà imparare a
camminare a testa in giù, sembrando pazzo ai più e, forse, al tempo stesso,
facendo tremare di follia l’apparente solidità delle comuni convinzioni.
Chesterton, geniale scrittore inglese del secolo scorso, definì Francesco un
«acrobata di nostro Signore», definendo al tempo stesso l’approccio
dell’acrobata come «un concetto a gambe all’aria». Ciò che stupisce e al tempo
stesso imbarazza davanti a un uomo come Francesco è il suo modo di «guardare al
mondo in modo totalmente diverso dagli altri uomini, come se fosse uscito da
quella buia caverna camminando sulle mani».
Diciamocelo con franchezza,
Francesco è uno di quegli uomini che è meglio non incontrare, perché quando lo
incontri sul serio ti si pianta nel cuore un dubbio indelebile. E allora il
cuore subito fantastica un dialogo:
Francesco, non ho il coraggio,
eppure, vorrei farti una domanda, ma … è un po’ difficile e … insomma … non so se posso.
Dimmi pure e se saprò risponderti
lo farò.
Sicuro? E se poi ti offendi?
Sicuro!
Quando vedo te mi viene da
pensare: ma sei pazzo tu, o lo sono io? Sì, insomma, tra noi due, chi è il fuori di testa? Perché vedi, c’è una
cosa che non mi lascia tranquillo ed è che tra quello che pensi tu e quello che penso io non c’è
conciliazione, non c’è compromesso, non c’è accordo, né intesa, né via di mezzo.
M’aspettavo quasi la paternale, o almeno un amichevole rimbrotto.
Sorpresa! Lui mi guarda, sorride, alza gli occhi al cielo mentre si abbassa a terra, mi bacia i piedi e se ne va.
Sorpresa! Lui mi guarda, sorride, alza gli occhi al cielo mentre si abbassa a terra, mi bacia i piedi e se ne va.
E io rimango lì come uno scemo col suo dubbio e nei miei occhi il
ricordo dei suoi occhi pieni di gioia.
E da dove poi gli verrà quella
gioia? Che gioia può esserci a vedere il mondo a testa in giù? Chesterton,
aiutaci: «Se uno ha visto il mondo capovolto, con tutti gli alberi e le torri
appesi all’in giù come quando si specchiano in uno stagno, un possibile
risultato sarebbe di mettere l’accento sul concetto di dipendenza. La correlazione è latina e letteraria: infatti il
termine «dipendente» propriamente significa «appeso». Darebbe vita al testo
delle Scritture in cui si dice che Dio ha appeso il mondo sul nulla… Chi ha
visto che tutto il mondo è appeso al capello della misericordia di Dio, ha
visto la verità… si tratta della scoperta di un debito infinito».
Ed ecco il
paradosso dei paradossi: un uomo che diviene pieno di gioia nel momento stesso
in cui scopre di essere portatore di un debito infinito! Avete capito bene? Andatelo
a dire a chi ha i conti in rosso e si trova la casa ipotecata, vedrete che
gioia! Dunque? «Dire che se un uomo è veramente consapevole di non poter pagare
il proprio debito, lo pagherà per sempre, è il più elevato e il più sacro dei
paradossi. Restituirà per sempre ciò che non può restituire mai e che non ci si
può aspettare che restituisca. Continuerà per sempre a profondersi in un pozzo
senza fondo di infiniti ringraziamenti». Provate a contraccambiare a Dio ogni
respiro di ogni minuto di ogni ora di ogni giorno di ogni mese e di ogni anno,
se vi riesce. Altrimenti dite un grazie immenso sapendo che non basterà e siate felici. Benvenuti nella
gioia francescana e benvenuti in questo blog.
I fratelli del Centro
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