giovedì 14 febbraio 2013

Il Verbo dei verbi

di fra Sergio Lorenzini


Non c’è frase senza verbo. Semplicemente non funziona. Senza verbo tutto rimane statico, immobile, imbalsamato, un’ingessatura della realtà, una sottrazione di vita, un congelamento del mondo, quasi un risucchiare sangue dalle vene dell’esistenza. Al contrario, il verbo porta con sé il calore del movimento, l’afflusso di vita, la dinamica dell’azione, l’espressione della propria intenzione, la manifestazione dell’interiorità, l’esternazione del proprio modo di vivere, la concretezza della scelta, la responsabilità di chi si decide di essere in questo mondo.

Il verbo mostra come la vita entra in noi e come ne esce.

Verbum è anche l’etimo che Girolamo nel IV secolo ha selezionato nella sua Vulgata (la più famosa traduzione latina della Bibbia) per tradurre il termine greco Logos, utilizzato da Giovanni nel prologo del suo Vangelo: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). A sua volta, come risalendo gli anelli di una catena, Logos ha come retroterra l’ebraico Dabar, la parola sapiente e creatrice pronunciando la quale Dio dà corpo al mondo. Verbum, nel senso inteso da Girolamo, è al tempo stesso verbo e sostantivo, meglio, è il verbo dentro il sostantivo, è il Verbo della vita, la fonte dalla quale la vita di Dio entra nella vita del mondo. Verbo è Gesù Cristo, il Verbo dei verbi.

Ciò che ci affascina è l’intersezione tra il Verbo della vita e i verbi della nostra vita. Questo aggancio è l’intrigo stimolante che ci spinge a intraprendere un cammino di riflessione per vedere quali movimenti la Parola innesca nell’uomo, quali dinamiche l’incontro con il Figlio di Dio genera in noi. L’intento è guardare al gioco di riflessi tra il Verbo e i verbi, cercare in Colui che ha messo in moto il mondo, i modi in cui continua a intercettare e muovere la nostra vita.

I verbi scelti tracceranno nei mesi a seguire un percorso tra i passi del Vangelo e le pagine della nostra vita, ci addentreremo nel territorio nascosto della grazia, la base operativa nella quale il Verbo elabora ed attua le sue strategie di incontro con l’uomo. Sì, perché grazia significa Dio che si fa avanti all’uomo, l’approccio discreto della sua persona alla nostra, il tentativo di scardinare i lucchetti di un dialogo negato, il desiderio di farsi conoscere ed amare per vedersi a sua volta concessa la libertà di amarci. Questa è la sorprendente capacità del Verbo dei verbi, introdurci a colloquio con Lui come amici, farci entrare nel cerchio dei suoi intimi, farci percepire profondamente preziosi e voluti, plasmare la nostra vita con la bellezza della sua stessa presenza, dare un volto alla nostalgia che alberga in noi. 

Infine, vorrei sostare un momento su quest’ultimo termine. Nostalgia viene dal greco nòstos che indica il ritorno al paese, l’andare a casa, e àlgos, che significa dolore e tristezza. Allora la nostalgia è tristezza e dolore che invadono l’anima per la casa nella quale si vorrebbe essere e non si è. Di questa nostalgia, ne siamo pieni e nessuno di noi è mai totalmente a casa, neppure nei più familiari luoghi di questo mondo. La fede è il richiamo della casa, il gemito di due nostalgie, di quella dell’uomo che senza Dio non trova casa, e di quella di Dio che sente il dolore di una casa senza la compagnia attesa. La prima azione che il Verbo compie in noi è l’acutizzarsi di questa nostalgia, il risveglio di una lontananza che diviene tormento, l'intuito di occhi paterni posati su di noi in benevola attesa che imprime ai nostri passi la svolta del ritorno.

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