lunedì 6 aprile 2015

Radicati nella fede

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (16,1-7 ) - Veglia pasquale

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto"».


COMMENTO
Il racconto della risurrezione di Gesù fatto da Marco è molto sommesso, quasi discreto: non si descrive la presenza di angeli che rotolano la pietra dal sepolcro, né si accenna a nessun terremoto, e neppure le vesti di questo giovane sono descritte come sfolgoranti ma semplicemente di colore bianco. 

L’evangelista sembra tutto concentrato sull’essenziale, su ciò che è semplicemente il nucleo della fede apostolica, cioè la risurrezione di Gesù di Nazareth. Un nucleo che getta luce su tutta la vicenda umana del nazzareno perché fino a quel momento le affermazioni di Gesù sulla propria natura e sulla propria missione, come ad esempio: “io e il Padre siamo una cosa sola” o “prima che Abramo fosse io sono”, e la morte redentrice in croce, potevano essere affermazioni e interpretazioni non verificabili. La risurrezione invece no! Questa costituisce un fatto verificato e narrato, al quale ovviamente si può credere o non credere, e che esige una presa di posizione rispetto a tutto quello che Gesù ha detto e fatto.

Il sepolcro vuoto insieme alle apparizioni di Gesù, queste ultime non raccontate in questo brano ma nei versetti successivi, sono due elementi storici che gli apostoli testimoniano e tramandano.
La nostra fede non può fare  a meno dell’interpretazione degli apostoli, nostri padri nella fede, perché sempre un fatto storico è compreso e raccontato a partire dal proprio sguardo e dalla propria lettura. Tuttavia gli apostoli sono tali perché testimoni e non il contrario, cioè la loro fede e il loro ardore missionario non hanno creato l’evento risurrezione ma al contrario partono da un’esperienza diretta della persona del Signore che culmina nell’esperienza di Cristo risorto.

Questo è l’itinerario che dovremmo fare anche noi. Radicati nella fede e nella testimonianza degli apostoli, resi contemporanei agli eventi dalle loro parole, dovremmo poter toccare con il cuore la persona di Gesù, fare un’esperienza diretta di lui e dei suoi gesti di salvezza resi presenti dai sacramenti, per poi vivere l’esperienza del tempo come il grande pellegrinaggio “finché egli venga”.

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