mercoledì 26 febbraio 2014

Amore e preghiera

di fra Giuseppe Bartolozzi


Ultimamente abbiamo considerato nella preghiera l’umiltà a motivo soprattutto del fatto che siamo peccatori bisognosi dell’amore di Cristo che ci purifica e ci trasforma. “Pensa allo sguardo di Cristo su Pietro che lo ha appena rinnegato … Credi che fu uno sguardo di rimprovero o di collera? Ben più terribile, fu uno sguardo d’amore, d’amore più intenso, che esprimeva una tenerezza più premurosa, più bruciante, più avvolgente che mai. Pietro non può resistergli; il suo cuore si spezza, lasciando sgorgare delle lacrime insieme dolci e amare. Nello stesso tempo sotto l’azione congiunta dello sguardo di Cristo e dello Spirito di Cristo al lavoro in lui, un amore nuovo s’impadronisce di tutto il suo essere. E così pochi giorni dopo il suo rinnegamento osa, senza esitare, affermare a Cristo: Tu sai bene che ti amo”(Caffarel). 

La testimonianza di s. Pietro è particolarmente significativa per farci comprendere che, oltre alla necessità di un’autentica umiltà del cuore insegnataci da Gesù con la parabola del pubblicano al tempio, c’è bisogno dell’amore, c’è bisogno che diciamo a Gesù: Tu sai che io ti amo. È significativo, ancora, anche l’episodio evangelico della donna peccatrice che saputo che Gesù si trovava nella casa di Simone il fariseo “venne con un vasetto di olio profumato e stando dietro presso i suoi piedi, piangendo cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato”; le parole di Gesù: “le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha molto amato”(Lc 7, 38. 47), manifestano il primato dell’amore.

Infatti, non ci ha forse insegnato Gesù stesso, riprendendo il passo del Deuteronomio 6, 4, che il primo di tutti i comandamenti è: “amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”(Mc 12, 30)? Possiamo senz’altro affermare che questo comandamento vale in primo luogo per la preghiera. S. Teresa d’Avila, maestra dell’orazione, ha affermato: “l’essenziale della preghiera non sta nel molto pensare ma nel molto amare”. Nella preghiera si esprime la nostra realtà più intima e cioè che noi siamo figli di Dio: San Paolo ci insegna che questo è in noi il grido, cioè la preghiera, dello Spirito Santo: Abbà,Padre (cf. Rm 8, 15); infatti: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”(1 Gv 4, 10). 

La nostra preghiera, la preghiera cristiana, è soprattutto una risposta di amore all’amore del Padre quale si esprime in Cristo Gesù, il suo Figlio dato per noi. Ripetiamo spesso nel silenzio della nostra preghiera l’espressione di s. Pietro: "Signore tu sai che ti amo", ricordando che quest’espressione esige da noi grande sincerità: probabilmente molte cose ancora sono di ostacolo ad un autentico amore per il Signore, ma ciò che conta è che per noi l’amore a Gesù è il vero tesoro e dove è il nostro tesoro là desidera essere, anche se ancora imperfettamente, il nostro cuore.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, quando si parla del cammino della preghiera, dopo aver richiamato il valore dell’invocazione del nome di Gesù, si aggiunge che “la preghiera della Chiesa venera e onora il Cuore di Gesù, come invoca il suo santissimo Nome. Essa adora il Verbo incarnato e il suo Cuore che, per amore degli uomini, si è lasciato trafiggere dai nostri peccati”(n° 2669). “Venuti da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera … Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”(Gv 19, 33-37). 

Il Cuore trafitto di Gesù innalzato sulla croce è la sorgente dello Spirito Santo che dà vita, come conferma un altro passo dello stesso evangelista: “Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui”(Gv 7, 37-39). Guardare con fede al Cuore trafitto del Signore è un aspetto importante della nostra preghiera poiché la ferita visibile del Cuore manifesta la ferita invisibile dell’amore di Dio per noi (cf. s. Bonaventura). 

Il Cuore del Figlio di Dio che si lascia trafiggere per amore e così dona la vita, manifesta visibilmente che “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna”(Gv 3, 16). La preghiera cristiana è innanzitutto una questione di cuore, cioè di amore; è come se Gesù ci dicesse: “Eccoti il mio cuore, donami il tuo! Conosco la tua miseria, le lotte e i dolori della tua anima; le debolezze e le infermità del tuo corpo; io so la tua superficialità, i tuoi peccati, le tue mancanze; ma io ti dico ugualmente: dammi il tuo cuore, amami come tu sei”

Nessun commento:

Posta un commento

Lasciate un commento