lunedì 10 febbraio 2014

Andare

di Alessandro Luminari


Si potrebbero fare moltissime e diverse riflessioni, sul verbo "andare", ma dal primo momento in cui ho iniziato a rifletterci ho sentito una sensazione di paura e solitudine. È strano, ma mi sono sentito come quando iniziai a pedalare senza le rotelle per la prima volta. All'inizio era tutto meraviglioso, mi sentivo forte e protetto, perché dietro di me c'erano i miei genitori che mi tenevano il seggiolino per non farmi vacillare, ma all'improvviso mi girai sorridente e vidi che le loro mani non mi reggevano più, e per la paura mi bloccai. Mi sorpresi, quella volta, di non cadere, perché con un balzo mio padre mi aveva preso al volo. È proprio da questo ricordo che voglio far partire la mia riflessione.

Per la mia modesta opinione ci sono tre categorie di verbi: ci sono quelli usati per descrivere l'avvicinamento a Dio, l'incontro con Dio e infine il cammino con Dio. Credo che il mio verbo "andare" appartenga al terzo gruppo. Nel Vangelo, o per mia sbadataggine o per mia ignoranza, non mi è mai sembrato, o quasi, di sentire il verbo andare, senza che ci sia stato prima un'incontro con il Signore. Per questo per poter iniziare a scrivere devo dare per scontato che tu che leggi, hai già fatto il tuo incontro personale con Dio, ma posso scommettere che se sei qui, su questo blog, significa che qualcosa deve essere successo. «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non si sa da dove viene né dove va: così è chiunque nato dallo Spirito» (Gv 3,8). Qui è Gesù stesso che parla, mentre spiega a Nicodèmo, chi è colui che è nato dallo Spirito, da questo passo di Giovanni, ho iniziato a riflettere se il mio incontro con Dio sia stato o no, un incontro vero con il Signore.

Per capirlo, ho analizzato il mio modo di vivere la vita, mi sono accoro che come quando ho iniziato a pedalare senza rotelle, ora mi ritrovavo a vivere la mia vita con Lui e tutto mi sembrava meraviglioso: «il regno dei cieli è simile un tesoro nascosto nel campo, un uomo lo trova; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44). È proprio così, quando si "va", dopo aver incontrato Dio, si è pieni di gioia, ed è semplice da capire, perché quando si trova un tesoro, ovviamente si è felici, chi non lo sarebbe, ma, come i miei genitori, il Signore ci lascia pedalare da soli, anche se soli non lo saremo mai perché Lui, come un padre premuroso, è sempre al nostro fianco per sostenerci.

Ora mi sorge spontanea un'altra domanda: Perché Signore ci fai questo? Perché non continui a reggermi? Perché ci mandi come agnelli in mezzo ai lupi? "Andate in tutto il mondo a proclamare il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). Tutta questa gioia dell'incontro con Dio è festa, non dobbiamo tenerci tutto questo solo per noi, dobbiamo andare a proclamare la gioia del Signore, dobbiamo essere mezzo della Sua Parola, come il vento, riprendendo il passi di Giovanni, dobbiamo farci recipiente di essa e diffonderla senza sapere dove andrà e dove germoglierà. 

Questo è ciò su cui ho voluto concentrare la mia riflessione, forse ho trascurato aspetti importanti o affrontato superficialmente questioni molto impegnative, ma secondo me, se accostiamo a Dio la parola "andare" non possiamo far altro che parlare di Gioia. A questo punto, credo sia inevitabile concludere citando colui, che della Gioia del Vangelo si è fatto bandiera: "Non posso immaginare un cristiano che non sappia sorridere. Cerchiamo di dare una testimonianza gioiosa della nostra fede." (Papa Francesco)

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