mercoledì 19 febbraio 2014

Insieme ma soli.

di Paride Petrocchi


Tra legami a idrogeno e legami covalenti

«Un trillo, lo schermo che si illumina e l'occhio che cade lì, in maniera quasi automatica.
É una notifica, qualcuno in un' altra dimensione, in un altrove ci ha rivolto la sua attenzione.
Ed ecco che d'improvviso, in naturalezza alienante, prendiamo lo smartphone e diventiamo all'istante ciechi e sordi al mondo che prima ci ha circondati, siamo dentro una bolla.
Appena due istanti prima stavamo discutendo con degli amici ad un tavolo di un bar, discutevamo del più e del meno come si fa tra amici e poi quel trillo, la bolla, come me anche il mio amico prende il suo smartphone e si aliena, e così ad effetto domino, siamo tutti altrove.
Eccoci: insieme ma soli». 

Così si intitola il saggio di Sherry Turkle che indaga questo paradosso tutto contemporaneo di una tecnologia che ci rende allo stesso tempo incredibilmente vicini ma straordinariamente soli. Possiamo allo stesso momento twittare con un nostro "amico" sudafricano, ma non riusciamo più a discutere con una persona senza essere continuamente interrotti da questo altrove che ormai allunga le radici fin dentro la nostra più intima realtà. Un esempio di ciò è l'abitudine, così innocente ma così pericolosa, di controllare lo smartphone appena svegli oppure appena prima di chiudere gli occhi la sera.

Soffriamo di una sorta di ipertrofia da contatto, abbiamo troppi input, talmente tanti che non riusciamo a metabolizzarli, abbiamo l' idea di essere popolari, ma di una popolarità che si nutre di click, una popolarità che monta come la marea, dopo un'ora è tutto finito; tutto ingurgitato dalla voracità di una timeline, che non ammette requie. Tutti legami “ad idrogeno” che si sciolgono e si ricompongono nel giro di secondi, legami talmente deboli che basta un punto esclamativo di troppo per romperli.

Legami senza fatica, senza nessun futuro, nessun passato. Nulla a che vedere con quei "noiosi" rapporti di prima dell'era digitale, rapporti cementati e costruiti con lunghi discorsi, forti abbracci, qualche pianto, diversi sorrisi, quelli per cui dovevi uscire, passare del tempo, impegnarti, in una commistione di speranze e delusioni, rapporti che avevano il sapore vero di un'amicizia, che è allo stesso tempo: cura e responsabilità. Ora ci sono “amici” diversi, amici secondo quell'altrove, quel regno tutto social dove noi siamo i re, o almeno crediamo di esserlo, amici con lo switch, che possiamo spegnere, cancellare o bloccare appena qualcosa di loro non ci va. 

Eccoci di nuovo, insieme ma soli. La finestra del web che avrebbe dovuto aprirci il mondo, è diventata una feritoia che piano piano sta diventando un muro, un muro che noi costruiamo con le nostre mani, isolandoci sempre più. 

Alziamo di nuovo lo sguardo, incrociamo gli occhi dei nostri amici, pochi istanti, ora sta a noi decidere: quali legami costruire? “Ad idrogeno”, senza fatica, deboli, che si possono spezzare al primo “no”, oppure dei legami forti, “covalenti”, i quali hanno bisogno di tempo, di fedeltà, di perseveranza, di sì ma anche e sopratutto di no, ma che durano nei mesi, negli anni, forse per sempre, i quali non si lasciano divorare dalla voracità di nessuna timeline.

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