lunedì 13 gennaio 2014

La preghiera: respiro della vita

da un omelia di Teofane il Recluso


Se pratica la preghiera, l’anima vive; senza preghiera, non c’è vita spirituale. Tuttavia, non ogni atto di preghiera è vera preghiera. Stare in piedi davanti alle icone in casa, o venerarle qui in chiesa, non è ancora pregare, ma “l’equipaggiamento” della preghiera. Recitare preghiere, a memoria o da un libro, o ascoltare qualcuno recitarle non è ancora pregare, ma solo uno strumento o un metodo per ottenere e risvegliare la preghiera.

Pregare significa instillare nei nostri cuori santi sentimenti verso Dio, uno dopo l’altro – sentimenti di umiltà, sottomissione, gratitudine, dossologia, perdono, prostrazione sincera, conformità al volere di Dio ecc. Tutto il nostro sforzo dovrebbe far sì che, durante la nostra preghiera, questi sentimenti e sentimenti simili a questi colmino le nostre anime, così che il cuore non sia vuoto quando reciteremo le preghiere, o quando le orecchie ascolteranno e il corpo si curverà in prostrazione, ma ci saranno sentimenti verso Dio.

Quando questi sentimenti sono presenti, il nostro pregare è preghiera, e quando sono assenti, esso non è ancora preghiera. Sembra che non ci sia niente più semplice e più naturale per noi che una preghiera in cui il cuore è sintonizzato con Dio. Ma in realtà non è sempre così per ognuno di noi. Bisogna risvegliare e rafforzare uno spirito di preghiera, cioè bisogna allevare uno spirito orante.

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