lunedì 25 novembre 2013

Pregare: un modo per non diventare "alieni"


Il termine "alieno", viene dal latino alius, e ancor prima dal greco allos, che significa semplicemente "altro". Gli alieni non sono gli extraterrestri verdi smaniosi di conquistare il mondo, gli alieni siamo spesso noi. E quando siamo alieni? Quando siamo altri, lontani da noi stessi, da avere quasi la sensazione fisica di non appartenerci più. Quando non sentiamo nostra la vita che viviamo, quando in testa ci fluttuano pensieri che non vorremmo ospitare, quando le parole che diciamo sembrano tradirci più che rappresentarci, quando le azioni che compiamo non ci esprimono ma ci sbugiardano, quando ci sentiamo burattini impazziti spinti qua e là da fili invisibili, quando osserviamo la vita scorrerci via quasi fossimo estranei a noi stessi, appunto "altri". Perché? Perché spesso siamo lontani da noi stessi, profondamente incapaci di ascoltarci, del tutto ineducati a farlo. Ci fanno bene allora le righe di questo santo monaco.


Callisto, patriarca di Costantinopoli, 
abitò per diversi anni sul Monte Athos 
intorno alla metà del XIV secolo. 
Alla pratica costante della sua preghiera 
dobbiamo queste splendide righe sulla preghiera.

"Se vuoi imparare la verità, prendi ad esempio il suonatore della cetra. Egli infatti inclina la testa applicando l’orecchio al canto e fa girare il plettro con la mano. E mentre le corde vibrano insieme con arte, la cetra emette la melodia e il citaredo palpita per la dolcezza della melodia. O laboriosissimo lavoratore della vigna, ti sia chiaro l’esempio e non essere incredulo. Se impari di qui a essere sobrio come il citaredo, rivolto cioè alla profondità del cuore, otterrai facilmente ciò che cerchi. Poiché l’anima, afferrata in modo sublime dal divino eros, non può volgersi indietro.

Per la cetra intendi il cuore, o caro; per corde i sensi; per plettro, la mente che mediante il pensiero muove continuamente il plettro che è il ricordo di Dio, dal quale proviene all’anima un ineffabile piacere gioia e che vede come in uno specchio nell’intelletto puro i raggi divini. Se non chiudiamo i sensi del corpo non scaturirà in noi l’acqua zampillante che il Signore ha donato alla samaritana. Essa, infatti, cercando l’acqua sensibile ha trovato l’acqua della vita zampillante dentro di sé. Come la terra possiede per natura l’acqua e la fa fluire, così la terra del cuore possiede per natura quest’acqua zampillante e fluente, come la luce paterna che Adamo perdette a motivo della trasgressione.

Questa beata, o piuttosto felicissima sobrietà spirituale dell’anima assomiglia ad acqua che zampilla e sgorga dal profondo del cuore. L’acqua emessa da una fonte, riempie la fontana; e qui l’acqua che zampilla dal cuore e che, per così dire, è incessantemente mossa dallo Spirito, rende tutto l’uomo interiore colmo di divina rugiada e di Spirito, mentre rende di fuoco l’uomo esteriore".

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