venerdì 20 marzo 2015

Dalle Stelle Alla terra …… Andata e Ritorno

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni ( Gv 12, 20-33 ) - V Domenica di quaresima
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.


COMMENTO

Il chicco di grano caduto in terra non può permanere nella sua solitaria integrità, altrimenti non servirebbe, anzi per sua natura è destinato a morire e a moltiplicarsi facendo germogliare altri chicchi, e per far questo deve  immergersi nella terra in cui è stato gettato.

Anche l’itinerario del Signore Gesù è stato un immergersi nella nostra umanità fino ad assimilarsi alle nostre fragilità fino alla croce per poi riemergere nella risurrezione. Così deve essere di ogni uomo che riconosce in Cristo il suo stesso destino di luce e gloria infinita. A differenza di un chicco di grano, noi uomini possiamo decidere se compiere o no questo itinerario di abbassamento, di morte a noi stessi. 

Non è facile, bisogna riconoscerlo, accettare di morire nella terra della comunione ecclesiale con  altri fratelli nella fede, perché ognuno si sente di poter praticare il suo cammino da solo, senza bisogno di altri, e questa è la constatazione più frequente. Morire a se stessi significa anche, per chi invece vive e cammina all’interno della comunità ecclesiale, non cercare la propria gloria ma quella di Dio, ma anche in questo caso come è facile riscontrare cammini molto personalizzati dove il servizio diventa piuttosto vetrina di esibizione anziché luogo di donazione!

Il Signore Gesù  attira tutti a sé, la sua morte e l’intensità della sua misericordia vissute sulla croce dovrebbero suscitare stupore, destare ammirazione, e porre interrogativi. Lasciamoci toccare da quell’eccesso d’amore, come direbbe San Francesco d’Assisi, che ha condotto Gesù non tanto ad amare il sacrifico, ma ad amare fino al sacrificio.

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