sabato 28 marzo 2015

Dov'è la vittoria?

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (15, 24-32 ) - Domenica delle Palme
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

COMMENTO
Gli antichi romani dicevano che la vittoria ha sempre molti padri ma la sconfitta è sempre orfana. Nell’ingresso a Gerusalemme la folla addirittura stende mantelli per terra al passaggio di Gesù inneggiando a lui come l’inviato del Signore a stabilire il Regno di Davide. Tanto plateale quell’entusiasmo quanto effimero! 

Nulla di falso in quelle acclamazioni ma la regalità di Gesù non passa per gli esiti favorevoli degli “exit poll” di una consultazione popolare o di un sondaggio di opinione. Al contrario, la regalità di Gesù si afferma nell’offerta totale della propria vita, nel dono di sé, nella coerenza al messaggio dell’amore misericordioso di Dio che giunge fino all’estremo di accettare la condanna a morte senza opporsi ma anzi invocando misericordia per gli uccisori, perché “non sanno quello che fanno”. 

In questo spaccato della sua passione vediamo Gesù abbandonato, orfano e anzi deriso per non essere capace di sfuggire alla sua tragica condanna, come avrebbero voluto quei passanti sotto la croce, spettatori distratti e superficiali, come lo siamo anche noi di fronte al grande mistero della sofferenza. Al contrario questo momento è luogo di definitiva affermazione della sua potenza, perché egli salva se stesso, e quindi anche noi, non scendendo dalla croce ma offrendo la sua vita in sacrificio. 

La sua offerta, il suo sacrificio ci commuove e cambia le nostre domande: la vecchia e solita domanda: “perché Dio tu permetti la sofferenza nel mondo e il dolore innocente, diventerà: “Perché Dio hai scelto di farti vittima del male nel mondo e di essere vittima innocente per tutti i nostri peccati? Perché questo e non un altro modo di perdonare il peccato dell’uomo?

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